Sempre più soli?

L'antropologo Mario Aime, riflettendo sul fatto che la società-urbano-industriale ha contribuito a indebolire le relazioni interpersonali e i "rituali" depositari di una memoria condivisa, osserva che il "colpo di grazia" all'idea di comunità è arrivato dalla Rete, dove siamo iperconnessi, ma, in realtà, più soli.

Nelle comunità virtuali in cui velocità, "like", "tweet" hanno sostituito la qualità e l'autenticità delle conversazioni, il bisogno di comunità, tuttavia, resta: lo ha reso particolarmente evidente la crisi pandemica che ha travolto il mondo nel 2020, obbligandoci – specialmente nel momento del lockdown più duro – a isolarci dagli altri, incontrandoli solo virtualmente.

Questa esperienza ha reso evidente quanto i rapporti umani fatti di incontri personali e fisici siano in realtà un'esigenza imprescindibile.

Se per un momento non consideriamo lo stravolgimento imposto alla nostra esistenza dalla pandemia e ci soffermiamo sulla normalità delle città e dei luoghi affollati della società del XXI secolo – anche se oggi i grandi spostamenti sono agevoli e le tecnologie rendono possibili con facilità i contatti rispetto a un tempo – dicono gli studiosi che nella società moderna si sono affievoliti i rapporti umani e gli uomini sono sempre più isolati: si è in realtà più soli psicologicamente, emotivamente e anche moralmente.

La "morte del prossimo"

Lo psicoanalista Luigi Zoja, ben prima che la pandemia da Covid-19 imponesse il cosiddetto "distanziamento sociale", aveva sottolineato la tendenza, diffusa, nelle società avanzate del mondo contemporaneo, a prendere le distanze dagli altri: guardiamo sempre più all'altro con diffidenza, addirittura con timore.

La contemporaneità – dopo la morte di Dio affermata dal filosofo tedesco Friedrich Nietzsche nel XIX secolo – è segnata, secondo il parere dello psicoanalista, dalla "morte del prossimo".

L'uomo contemporaneo vive sempre più ripiegato su sé stesso e psicologicamente isolato.

Ha bisogno sì di stare con gli altri (è pur sempre un "animale sociale", secondo la nota definizione del filosofo Aristotele), ma pensa in realtà a sé e per sé, lasciandosi coinvolgere pochissimo dalle relazioni con gli altri, quel "prossimo" che Gesù ha invitato ad amare come sé stessi.