Comunicare per persuadere o condividere un dono

La politica, fin dai tempi antichi, è stata caratterizzata dall'utilizzo abile della parola, ossia dai "discorsi" che uomini pubblici rivolgono ai cittadini (per illustrare i loro programmi, per persuadere riguardo alla loro bontà ed efficacia).

Nella Grecia classica fu centrale l'interesse per il "discorso persuasivo" e i suoi effetti sui cittadini: la retorica (dal greco, letteralmente "l'arte dell’eloquenza") venne utilizzata con il proposito di determinare la qualità della comunicazione (scritta e orale) tra chi deteneva il potere e i cittadini.

Nella storia del pensiero occidentale, dal mondo classico fino al Rinascimento, l'arte del comunicare divenne centrale nell'educazione delle classi colte, al punto da venire inserita nei programmi di studio. Conobbe poi un periodo di decadenza, per ritornare di nuovo rilevante in tempi moderni, come voi stessi potete constatare quando a scuola vi viene chiesto di "argomentare" una certa tesi. Nella tecnica oggi molto diffusa del "debate" (che viene proposta anche da queste attività), per esempio, dovete mettere in campo la vostra capacità di persuadere riguardo a un determinato argomento: non importa se voi siate sinceramente convinti di quello che dovete sostenere.

Un eccesso di retorica comporta spesso una deformazione della comunicazione che va a discapito di sincerità e schiettezza nelle relazioni interpersonali.

Lasciando per il momento da parte le situazioni in cui la verità è volutamente alterata (come spesso in politica accade) e la comunicazione conseguentemente è distorta o il fenomeno dilagante delle fake news e pensando invece alla nostra vita quotidiana e alle relazioni che intratteniamo con gli altri (in diversi contesti, per esempio in famiglia, a scuola, nei gruppi sportivi, nelle associazioni, nei rapporti di amicizia e via dicendo) ci dimentichiamo, forse, troppo spesso, che "comunicare" significa letteralmente "condividere un dono" (dal latino cum e munus).

Di conseguenza, quando parliamo (o scriviamo) tendiamo spesso a sottostimare la portata etica di questo concetto.