Sfidare l'incertezza

Avendo la stessa struttura – asimmetrica – del dono, la fiducia ci mette completamente a nudo, a diretto contatto con tutto quello che siamo e che ci caratterizza: le nostre certezze ma anche, e soprattutto, le nostre debolezze e il bisogno di ricevere attenzione dall’altro.

Esprime la necessità che abbiamo di aggrapparci a qualche certezza, in cui sentirci protetti, ma paradossalmente il regno in cui ci addentriamo è proprio quello dell’incertezza, del rischio e del tradimento.

«Dare fiducia vuol dire accettare la propria vulnerabilità – afferma Francesca Rigotti – vuol dire correre il rischio che qualcuno ci possa danneggiare, nella speranza che non è certezza, anche se il grado di approssimazione può essere abbastanza alto, che quel qualcuno non ci faccia del male».

Ma a quali condizioni ci si dovrebbe dunque fidare, se incombe sempre la possibilità del tradimento?

Dovremmo auspicare che, come condizione, entri in gioco «la fedeltà [cioè] la virtù di coloro che non abbandonano gli altri dopo che li hanno incoraggiati ad avere fiducia» sostiene la filosofa.

Il filosofo tedesco Axel Honneth mette in campo anche un altro aspetto: dovremmo avere una base di fiducia in noi stessi che ci permetta di sopravvivere al tradimento effettivo o alla possibilità del tradimento.

È la fiducia che riponiamo in noi stessi a permetterci di non andare in pezzi, anche quando la persona in cui abbiamo riposto fiducia dovesse ferirci o deluderci a partire dal riconoscimento del nostro valore.