Il coraggio in dialogo con la paura

Secondo una celebre frase attribuita allo scrittore Ambrose Redmoon il coraggio non è assenza di paura, ma: «il giudizio che c'è qualcosa di più importante della paura». Ovvero, qualcosa per cui vale la pena rischiare, qualcosa che si ritiene giusto, qualcosa che chiama in causa la forza di mettersi in gioco e fare una scelta, fronteggiando l’istinto naturale di fuga determinato dalla paura.

«Non esiste coraggio se non come risultato di una reazione, di un’elaborazione della paura e della sua trasformazione in capacità di agire» spiega lo scrittore Gianrico Carofiglio.

Questo significa che il coraggio "dialoga" con la paura e la affronta in modo ponderato (come abbiamo visto, nella giusta misura la paura può proteggerci) e cerca di superarla tutte le volte che occorre agire di fronte a una determinata situazione.

Procedere con equilibrio verso la propria destinazione

Il coraggio ha a che fare con una giusta valutazione della realtà e con un’adeguata conoscenza di sé stessi. Sono queste consapevolezze che permettono di sfuggire gli eccessi.

Secondo il filosofo greco Aristotele (che considerava il coraggio una virtù fondamentale nell’uomo che rende possibile tutte le altre), il vile è un uomo senza speranza (letteralmente un "disperato"), mentre il coraggioso è capace di tenere lo sguardo fisso verso l’orizzonte desiderato, è un uomo che ha fiducia, incarna la speranza e agisce con risolutezza.

Evitando gli eccessi del temerario (che agisce d’impulso e non fa scelte ponderate) e la mancanza di fermezza del vile (che cerca di sfuggire le scelte), il coraggioso:

  • si fa carico con consapevolezza delle diverse situazioni della vita;
  • non rifugge dalle prove più difficili;
  • risponde delle proprie scelte (è cioè responsabile);
  • procede verso la meta che, come Abramo, deve raggiungere.