Adorazione
Domenico Ghirlandaio (1449-1494)
Adorazione dei pastori, 1485, tempera su tavola
Firenze, Chiesa della Santa Trinità

Lodovico Cardi
Il fatto
Subito dopo la nascita, un angelo annuncia a un gruppo di pastori la venuta di Gesù sulla terra. Nonostante l’iniziale spavento per l’improvvisa apparizione, gli uomini non hanno esitazioni: credono all’annuncio dell’angelo, si recano ad adorare il Bambino, e a loro volta annunciano ciò che hanno veduto a tutti coloro che incontrano. L’episodio, dunque, racchiude in sé alcuni valori cardinali del cristianesimo, la fede, l’amore, l’evangelizzazione. Fondamentale, infine, che questo annuncio sia rivolto proprio a dei pastori, che all’epoca venivano collocati tra gli ultimi della società, ritenuti persino inabili a far da testimoni. Invece, per volontà divina, sono proprio loro i primi testimoni della nascita del Figlio di Dio, del quale l’angelo preannuncia loro persino il nome: «è nato per voi un salvatore», perché, come sappiamo, Gesù significa proprio Salvatore, secondo le parole dell’angelo apparso in sogno a Giuseppe: «[Maria] darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù; egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Matteo 1,21).
L’Adorazione dei Magi commemora la visita dei re Magi a Gesù Bambino in Betlemme. Fissata, nel calendario cristiano, il 6 gennaio, dodicesimo giorno dopo Natale, è comunemente nota come la festa dell’Epifania. Questo termine greco, che significava in origine «(festa) dell’apparizione» e quindi «manifestazione» (della divinità), nel mondo cristiano passò a indicare le principali manifestazioni della divinità di Gesù (battesimo nel Giordano, adorazione dei Magi e primo miracolo), circoscrivendosi in seguito alla sola venuta e adorazione dei Magi. Questi ultimi erano sacerdoti dell’antica religione persiana, provvisti, secondo la tradizione, di doti di astrologi, indovini e stregoni. Guidati da una stella, giunsero dall’Oriente a Betlemme per adorarvi Gesù, e pertanto furono le prime figure religiose a riconoscere la «manifestazione» della sua divinità. Poiché essi portarono in dono oro, incenso e mirra, la tradizione fissò il loro numero a tre, anche se Matteo parla soltanto di «alcuni Magi» né allude a una loro autorità regale. La tappa dei Magi presso Erode, che tramite loro viene a conoscenza della nascita del futuro «re dei Giudei», prelude al successivo episodio della Strage degli Innocenti.
La parola
Dal Vangelo di Luca (2,8-20)
«In quella stessa regione si trovavano dei pastori: vegliavano all’aperto e di notte facevano la guardia al loro gregge. L’angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce: essi furono presi da grande spavento. Ma l’angelo disse loro: “Non temete, perché, ecco, io vi annunzio una grande gioia per tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un salvatore, che è il Messia, Signore. Questo vi servirà da segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Subito si unì all’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio così: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Appena gli angeli si furono allontanati da loro per andare verso il cielo, i pastori dicevano fra loro: “Andiamo fino a Betlemme a vedere quello che è accaduto e che il Signore ci ha fatto sapere”. Andarono dunque in fretta e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia. Dopo aver veduto, riferirono quello che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si meravigliavano delle cose che i pastori dicevano loro. Maria, da parte sua, conservava tutte queste cose meditandole in cuor suo. I pastori poi se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, come era stato detto loro.»
Dal Vangelo di Matteo (2,1-12)
«Dopo che Gesù nacque a Betlemme in Giudea, al tempo del re Erode, ecco giungere a Gerusalemme dall’oriente dei Magi, i quali domandavano: “Dov’è il neonato re dei Giudei? Poiché abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti ad adorarlo”. All’udir ciò il re Erode fu preso da spavento e con lui tutta Gerusalemme. Convocò allora tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo e domandò loro: “Dove dovrà nascere il Messia?” Essi gli dissero: “A Betlemme di Giudea. Infatti così è stato scritto per mezzo del profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei la più piccola fra i capoluoghi di Giuda. Da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo, Israele”. Allora Erode chiamò segretamente i Magi e chiese ad essi informazioni sul tempo esatto dell’apparizione della stella; quindi li inviò a Betlemme dicendo: “Andate e fate accurate ricerche del bambino; qualora lo troviate, fatemelo sapere, in modo che anch’io possa andare ad adorarlo”. Essi, udite le raccomandazioni del re, si misero in cammino. Ed ecco: la stella che avevano vista in oriente li precedeva, finché non andò a fermarsi sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella furono ripieni di straordinaria allegrezza; ed entrati nella casa videro il bambino con Maria sua madre e si prostrarono davanti a lui in adorazione. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Quindi, avvertiti in sogno di non passare da Erode, per un’altra via fecero ritorno al proprio paese.»
Approfondimento
Domenico Ghirlandaio,
particolare dell’Adorazione dei pastori
Nell’uomo a sinistra, che indica il Bambino, è ravvisabile l’autoritratto del Ghirlandaio stesso. A differenza degli altri due pastori egli non porta doni, tuttavia, con la mano sinistra compie il gesto di indicare il Bambino, il cui capo sfiora esattamente la ghirlanda scolpita sul sarcofago la quale, a sua volta, termina presso il dito teso dell’uomo. Dunque, è come se quel gesto avesse una duplice valenza: da una parte, indicando la ghirlanda, evoca esplicitamente il proprio stesso soprannome, “Ghirlandaio” (si chiamava in realtà Domenico Bigordi); al contempo, mentre compie l’atto di indicare il Bambino, l’uomo volge il capo verso i due pastori e porta la mano destra al petto come per dire «l’ho dipinto io». Vale la pena di notare come il pittore abbia avuto cura di porre la propria mano sinistra, peraltro modellata con notevole vigore, contro il fondo scuro dei calzoni in modo da farla nettamente risaltare nell’equilibrio cromatico del dipinto. Le mani giunte del pastore che prega, la mano con l’indice teso e il Bambino sono disposti su un medesimo asse, al quale fa da contrappunto una linea ideale che congiunge il Bambino stesso, le mani giunte e il luminoso incarnato del volto della Madonna.