Philippe de Champaigne (1602-1674),
La Presentazione al Tempio, 1648, olio su tela,
Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts.
Anche in quest’opera ritroviamo gli stessi elementi di quella precedente, del resto pressoché coeva, a partire dal contesto architettonico di impronta classicheggiante, sebbene di gusto assai più sobrio e meno composito. A sinistra vi è san Giuseppe con le tortore, al centro Simeone con il Bambino in braccio, gli occhi volti al cielo e le labbra dischiuse a intonare il «Nunc dimittis». A destra la profetessa Anna indica il Bambino, anche lei con le labbra dischiuse come stesse parlando alle tre figure che la circondano (il Vangelo di Luca afferma esplicitamente che essa «parlava del bambino»). A sinistra, dietro san Giuseppe, si scorge una giovane donna con un bimbo, anch’essa convenuta al Tempio in ottemperanza alla parola della Legge: «Ogni maschio primogenito sarà considerato sacro al Signore». Sullo sfondo, all’interno del Tempio, si intravede il sacerdote presso l’altare, pronto a officiare il rito. A differenza del dipinto di Simon Vouet, qui non vi sono angeli a ribadire la soprannaturalità dell’evento, bensì unicamente un accenno di aureola sul capo di Giuseppe, la Vergine e il Bambino. La sobria compostezza delle figure, la precisa caratterizzazione fisionomica dei personaggi, i sentimenti che traspaiono dai loro volti concorrono a creare la sensazione di un evento che accade fra gente “vera”, ma al tempo stesso dal profondo significato sacrale.