Giuditta e Oloferne
Michelangelo fissa nel suo affresco il momento immediatamente successivo al culmine del dramma. Giuditta ha già ucciso Oloferne usando la sua stessa spada, lo ha decapitato, è uscita dalla tenda e ha deposto la testa del nemico in un vassoio che l’ancella porta sulla testa.
La vediamo mentre si accinge a ricoprire con un panno il macabro trofeo, che successivamente mostrerà alla gente di Betulia.
Diversi dettagli ci mostrano che sono trascorsi solo pochi attimi dal momento della decapitazione: la posizione del cadavere di Oloferne, gettato sul giaciglio con le membra scomposte e un braccio sollevato, che sembra ancora in preda alle convulsioni dell’agonia.
Inoltre la parte destra e sinistra della scena sono immerse nella penombra. Soltanto la figura di Giuditta, esattamente al centro, è in piena luce, una luce che sembra provenire dall’alto che simboleggia la grazia divina e fa risplendere il chiaro della veste, che è simbolo di purezza.
Particolare curioso: l’unico volto chiaramente visibile è quello del morto, Oloferne. Del soldato a sinistra, infatti, è impossibile distinguere la fisionomia, mentre il volto dell’ancella è seminascosto dal braccio piegato che regge il vassoio.
Il viso della protagonista assoluta ci è completamente invisibile, poiché Giuditta è posta quasi di spalle e volge il capo verso l’interno della tenda di Oloferne, forse attratta dagli ultimi, scomposti sussulti del cadavere.