Tra i momenti più spettacolari ma anche storicamente attendibili c’è la sequenza della caccia ai mammut. In precedenza il film ci mostra come la vita della tribù degli Yagahl sia legata a questi enormi animali. Vediamo per esempio come le capanne siano costruite con le ossa e la pelliccia di mammut, secondo una consuetudine effettivamente diffusa tra le popolazioni più a nord. Alcune comunità svilupparono un tipo di caccia esclusivamente rivolto ai mammut e questo fu uno dei motivi dell’estinzione di tale specie.
La caccia avveniva in gruppo. Nella scena rappresentata vengono coinvolti tutti i componenti di sesso maschile della tribù. Il giavellotto era una delle armi più usate. Dato il forte senso di solidarietà che vige tra questi animali, era necessario agire su tutto il branco in modo da isolare un singolo esemplare. Si trattava di solito degli elementi più deboli o indifesi.
Alla vittoria sui possenti pachidermi dava un contributo la natura stessa, attraverso la conformazione del terreno. Dirupi, crepacci, paludi venivano usati come trappole naturali in cui sospingere le bestie. Qui gli animali vengono indirizzati verso una strettoia dove è stata disposta una rete.
Il mammut viene catturato per mezzo della rete, seppure con grande difficoltà. A differenza di ciò che accadeva di solito, a cadere in trappola è un enorme esemplare maschio nel pieno delle forze. Una volta ucciso l’animale, tutta la tribù partecipava alla macellazione e al trasporto. La carne costituiva il cibo, ma di ogni mammut non si buttava nulla: le pelli servivano per vestirsi e per ricoprire le tende, dalle ossa e dalle corna si realizzavano strumenti, i tendini divenivano lacci, cinghie ecc.