Nonostante qualche significativa differenza, la cartina dell’Europa del 1815 somiglia molto a quella che fotografava il continente nel 1789, alla vigilia della rivoluzione francese. Gli accordi presi dal Congresso di Vienna, in effetti, non tengono minimamente conto dei sentimenti nazionali risvegliatisi negli ultimi decenni e, a prima vista, sembrano obbedire a un unico principio: il ritorno al trono dei vecchi sovrani assoluti.
Non è, però, esattamente così: i negoziatori riunitisi a Vienna, infatti, hanno ridisegnato la carta con l’obiettivo di realizzare un equilibrio stabile, che impedisca nuove guerre. L’Europa del 1815 appare così dominata da Francia, Inghilterra, Austria, Prussia e Russia: cinque potenze di pari forza militare, che hanno tutto l’interesse a mantenersi in buoni rapporti. Per quale motivo? Semplificando, la situazione può essere descritta in questi termini: se due di questi Paesi si facessero la guerra, gli altri avrebbero tutto l’interesse a consentire loro di indebolirsi a vicenda. Nel momento in cui uno dei due fosse sul punto di prevalere, però, essi certamente interverrebbero per fermare le ostilità, impedendo a chi vince di acquistare un potere eccessivo, tale da mettere in pericolo la loro stessa sicurezza.
Il meccanismo è molto semplice: la guerra diventa per tutti una soluzione “sconveniente”; essa, quindi, entro un certo limite, smetterà di essere presa in considerazione quale mezzo per regolare le controversie. Il piano viennese, in effetti, funziona: l’equilibrio scaturito dal Congresso darà all’Europa un lungo periodo di pace, interrotto soltanto da brevi conflitti locali, che coinvolgeranno un numero limitato di uomini e una scarsa quantità di risorse economiche.
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L’Europa nel 1815