Adolf Hitler, capo del partito nazista, aveva sviluppato il suo radicale antisemitismo già nella giovinezza. Fu però nel primo dopoguerra che il suo odio per gli ebrei si acuì all’inverosimile. Si convinse, infatti, che la responsabilità della sconfitta tedesca fosse da attribuire proprio a loro, rei di avere fatto propaganda antinazionale e bolscevica tra la popolazione, indebolendo la resistenza dei soldati al fronte e inducendo i politici tedeschi ad accettare la resa.
Pregiudizi ridicoli, che tuttavia fecero molta presa sull’opinione pubblica tedesca degli anni ’30, in un momento in cui la Germania attraversava la più grave crisi economica della sua storia. Dopo la presa del potere, a partire dal 1933, il nazismo attuò verso gli ebrei una politica criminale, fatta di discriminazione e violenze. Nella tragica notte dei cristalli (9-10 novembre 1938), in Germania e Austria furono distrutti migliaia di negozi gestiti da ebrei, mentre centinaia di sinagoghe vennero date alle fiamme. Il culmine dei crimini del nazismo venne raggiunto, però, durante la seconda guerra mondiale, con l’attuazione della cosiddetta soluzione finale, ovvero il progetto di purificare la razza ariana eliminando fisicamente tutti gli ebrei. Per realizzare questo obiettivo diabolico, venne realizzata una fitta rete di campi di concentramento (lager), nei quali si decise di rinchiudere tutti gli ebrei presenti nei territori occupati dalla Germania, compresi i vecchi, le donne e i bambini.
Alcuni tra questi luoghi di internamento erano ufficialmente dei campi di lavoro, dove la morte dei prigionieri sopraggiungeva soprattutto a causa della fatica e della fame sopportate. Altri lager, invece, avevano come unico scopo lo sterminio dei detenuti: vere e proprie fabbriche di morte, nelle quali perirono milioni di persone, spesso uccise per mezzo di gas velenosi. Il bilancio di questo gigantesco crimine è agghiacciante: oltre cinque milioni di ebrei assassinati. Negli stessi campi, inoltre, trovarono la morte centinaia di migliaia di omosessuali, zingari, oppositori politici e prigionieri di guerra, soprattutto russi.
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I lager