1-16 Dalla cima di un antico campanile, passero solitario, rivolto verso la campagna, continui a cantare fino al tramonto del sole e il canto si diffonde [erra] in tutta questa valle; l’aria della primavera è tersa e luminosa, e nei campi la vita pulsa intensa, tanto che il cuore si intenerisce a guardare lo spettacolo della natura. Senti le greggi belare, le mandrie [armenti] muggire; gli altri uccelli [augelli] contenti intrecciano voli a gara nel cielo, festeggiando la stagione migliore; tu, in disparte osservi [miri] pensoso, non ti curi [non ti cal] dei compagni, dei voli, dell’allegria, eviti [schivi] i divertimenti e così lasci trascorrere [trapassi] il tempo migliore [il più bel fiore] dell’anno e della tua vita.
17-26 Quant’è simile il tuo comportamento [costume] al mio! Non mi stanno a cuore [curo] divertimento e gioia, dolce compagnia [famiglia] della giovinezza [novella età], amaro rimpianto [sospiro acerbo] dell’età matura [provetti giorni], e te, amore, fratello [german] della giovinezza, non so come; anzi, fuggo lontano da loro; solitario [romito] ed estraneo, straniero quasi, alla mia città natale [loco natio] trascorro la mia giovinezza [la primavera del viver mio].
27-44 Nel nostro paese [borgo] si è soliti [si costuma] festeggiare questo giorno che ormai volge al tramonto [cede alla sera]. Senti nel cielo [sereno] un suono di campana [squilla], colpi di fucili [tonar di ferree canne], che riecheggia cupo per le contrade [di villa in villa]. Tutti i giovani del paese escono di casa e si riversano nelle strade, guardano con ammirazione [mira] e con altrettanta ammirazione sono osservati, e si rallegrano. Io in solitudine dirigendomi verso la campagna lontana [rimota] dalla animazione del borgo, rimando [indugio] ad altro momento lo svago e il divertimento: e intanto mi colpisce [fere] lo sguardo che spazia nell’aria luminosa [aprica] il sole, che tra i monti lontani all’orizzonte tramontando svanisce [dilegua] e sembra dire che la giovinezza felice viene meno.
45-59 Tu, uccellino solitario, quando sarai giunto, secondo il destino, alla vecchiaia [sera del viver tuo], non ti lamenterai della tua condizione [costume] perché ogni vostra inclinazione [vaghezza] è frutto dell’istinto [natura]. A me, se non ottengo [impetro] di evitare la detestata soglia della vecchiaia, quando questo sguardo [occhi] non ispirerà più nulla all’altrui sentimento e quando il mondo apparirà vuoto a essi, e l’avvenire [dì futuro] sembrerà ancora più noioso, doloroso e triste del presente [dì presente], che cosa sembrerà [che parrà] di questo mio desiderio di non vivere piacevolmente la giovinezza? Che cosa di questi anni? Che cosa di me stesso? Ahimè mi pentirò e spesso, ma senza consolazione [sconsolato], mi volgerò indietro.
Il passero solitario
Solitudine del poeta
Il giorno di festa
Destino del passero, destino del poeta
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit.