La vicenda del film si dipana dagli ultimi giorni di vita dell’imperatore Marco Aurelio (161-180 d.C.) fino alla morte del figlio Commodo (180-192 d.C.).
Il periodo storico che fa da scenario a Il gladiatore coincide dunque con i dodici anni di regno di Commodo, un sovrano che gli storici dell’epoca hanno raffigurato in maniera molto negativa.
Tutte le fonti si trovano d’accordo nel denunciare la stravagante personalità di Commodo: aveva un carattere frivolo e nello stesso tempo crudele, si comportava in maniera imprevedibile, arbitraria, arrogandosi il diritto di disporre della vita altrui; era inoltre affascinato dall’uso della forza, come dimostra la sua passione per i giochi gladiatori, ai quali partecipava egli stesso, sebbene gli scontri fossero truccati in suo favore.
Si può dire perciò che il ritratto psicologico di Commodo che emerge dal film sia coerente con la tradizione storiografica e, probabilmente, con la realtà dei fatti.
Per quel che riguarda l’azione di governo, Commodo era portato per indole e convinzioni personali ad atteggiamenti ostili al senato; era invece benevolo verso la plebe, che lo ripagava in termini di consenso.
Anche la passione di Commodo per gli spettacoli del circo non era soltanto un tratto caratteriale ma si inquadrava in una concezione dispotica del potere, basata su un rapporto diretto, emotivo tra il sovrano e il popolo. Quando, nel corso del film, Commodo dichiara di amare il popolo come un padre ama i figli, riassume una visione politica del tutto plausibile per un imperatore di quel periodo.
Altrettanto credibile è l’avversione di Commodo verso il senato in quanto autorità che si contrapponeva al suo potere.
Appare invece forzata l’immagine del senato come istituzione democratica in senso moderno. Nei loro discorsi i senatori sembrano credere in un’idea di democrazia rappresentativa basata sulla libertà e sull’uguaglianza, impensabile nella Roma del II secolo d.C. In questa raffigurazione del senato “democratico” che lotta contro la tirannide emergono aspetti dell’immaginario americano, che ha sempre cercato un legame ideale con le tradizioni della Grecia e della Roma antiche.
Un elemento importante dal punto di vista storico è la guerra contro i Germani, che impegnò effettivamente Marco Aurelio per buona parte del suo regno.
Durante la permanenza al confine l’imperatore morì, probabilmente a causa della peste. È perciò arbitrario il modo in cui viene presentata la fine di Marco Aurelio, assassinato addirittura da suo figlio. Ed è frutto di fantasia la decisione dell’imperatore di escludere Commodo dal titolo imperiale: Marco aveva già attribuito al figlio una serie di prerogative per fare di lui il suo successore.
Ancora più incredibile è l’ipotesi che Marco volesse restituire il potere ai senatori restaurando la repubblica, una forma di governo ormai superata dalle condizioni sociali ed economiche dello Stato.
È vero invece che Commodo, una volta divenuto imperatore, si affrettò a stipulare la pace con i Germani per poter meglio dedicarsi alle faccende personali. Nonostante gli atteggiamenti guerreschi Commodo era più interessato alla vita di Roma che alla difesa dei confini dell’impero.
Se la morte di Marco Aurelio per mano di Commodo non è credibile, ancora più assurda appare l’uccisione di Commodo nell’arena da parte di un gladiatore. La fine di Commodo fu dovuta a una congiura di palazzo di cui si conoscono con precisione gli autori e le cause.
Manipolazioni di questo genere suggeriscono come il film non voglia essere una ricostruzione di fatti realmente accaduti, ma un racconto di fantasia che prende spunto dalla storia.
I principali riferimenti del film vanno cercati piuttosto in alcuni classici della storia del cinema, rispetto ai quali Il gladiatore è una sorta di rielaborazione.
In particolare, Ben Hur (1959) di William Wyler, Spartacus (1960) di Stanley Kubrick, e soprattutto La caduta dell’impero romano (1964) di Anthony Mann, presentano personaggi e situazioni simili, per non dire identici, a Il gladiatore.
È comprensibile che in un grande film commerciale alcuni fatti vengano modificati per rendere la narrazione più avvincente.
Dispiace tuttavia che Il gladiatore offra una descrizione degli spettacoli gladiatori poco aderente alla realtà.
In genere gli scontri tra professionisti non erano le disordinate carneficine che vengono mostrate nel film, ma seguivano una serie di regole, sotto il controllo di un arbitro. Uccisioni in massa di gladiatori non erano possibili per vari motivi: innanzitutto questi schiavi costituivano un capitale prezioso per i loro padroni, che avevano fatto un investimento acquistandoli, istruendoli, allenandoli e fornendo loro vitto e alloggio; erano inoltre dei beniamini del pubblico e la principale risorsa per gli organizzatori degli spettacoli.
Una “merce” così preziosa non poteva essere sprecata: il suo esaurimento avrebbe portato alla fine stessa dei giochi. In sostanza il film mescola i duelli tra i gladiatori di professione con i supplizi riservati ai condannati e altri spettacoli pittoreschi che avvenivano nel circo. Si tratta di un pastiche di grande effetto dal punto di vista cinematografico ma storicamente approssimativo.