Tu ne quaesieris
Orazio, Odi I, 11
Vides ut alta stet nive candidum
Orazio, Odi I, 9
Carpe diem è un’espressione famosa e spesso utilizzata: ma cosa significava per l’autore che l’ha coniata? Attraverso la visione dei filmati, approfondisci e analizza l’opera di Orazio.
Anche senza conoscere Orazio e la sua opera avrai sicuramente già sentito l’espressione latina “carpe diem”, anche grazie a film come l’Attimo fuggente, di Peter Weir. In relazione ai filmati proposti e in base ai tuoi studi e approfondimenti, spiega e chiarisci il significato filosofico che il “carpe diem” assume nella poetica di Orazio. Discutine, infine, con i tuoi compagni di classe.
Nel filmato La satira nell'antica Roma, Giorgio Prosperi sostiene che l’oggetto preferito della satira sia il potere. Ritieni che questa affermazione sia calzante anche per le satire di Orazio? Argomenta la tua risposta.
(*) Per i filmati contrassegnati con questo simbolo è necessaria la connessione web.
Otium, Negotium
Otium e il suo negativo negotium (nec+otium= «assenza di otium») sono i termini attorno ai quali si definisce l’impiego del tempo da parte dei cittadini romani, la natura delle attività alle quali si dedicano e, sotto certi rispetti, il «modello di vita» cui aderiscono. Il primo termine indica il tempo libero dagli affari e dalle occupazioni, non però nel senso dell’inattività: otium è lo spazio della vita privata che il cittadino può dedicare ai suoi interessi e ad attività altre da quelle della vita pubblica (commercio, politica, etc.). Nel modello ideale (romano) di vita, quello arcaico del cittadino-contadino (contrapposto al mercante e all’affarista), otium è per esempio la porzione di tempo libera dall’attività agricola e destinata alla cura del patrimonio familiare; o ancora, nel modello propugnato da Cicerone, è il tempo che il cittadino (Cicerone stesso), una volta libero dagli impegni della vita pubblica, può finalmente dedicare allo studio (in particolare della filosofia) e alla cultura (produzione letteraria e poetica sono attività rese possibili solo dall’otium). Al contrario negotium designa «tutte le occupazioni umane che prevedono un impiego preciso e stabilito delle proprie giornate» (Viglietti, p. 246): dagli impegni forensi (come quelli dell’avvocato e del giudice) a quelli commerciali a quelli politici. Impegni tutti che lasciano poco tempo e, come avvertono i filosofi (in particolare Seneca), distraggono l’uomo dal “vero bene” e dalla “vera conoscenza” (la saggezza).
Mosaico policromo raffigurante sette filosofi, I secolo a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale
Parsimonia
Fra i veteres mores, i costumi antichi, distintivi del modello ideale di civis romanus, spicca la parsimonia. Il termine deriva dal verbo parco «mi limito», «mi contengo» ed esprime un preciso rapporto con i beni materiali: l’attitudine al contenimento dei bisogni, la misura (modus) nel desiderio stesso di beni e ricchezze, attitudine molto apprezzata e produttrice di honos, pubblica approvazione e ammirazione, opposta a quella, rovinosa e sempre condannata dai Romani, della luxuria. Come ha mostrato Viglietti, lungi dal confondersi con la paupertas, condizione materiale di «possesso di poco», la parsimonia nasce dal riconoscimento dell’esiguità dei bisogni umani e da una conseguente moderazione, configurandosi così allo stesso tempo come orientamento morale e pratica di vita, identificabile in particolare nel modello ideale del civis-agricola - il piccolo proprietario terriero, contadino del suo appezzamento - contrapposto a quello del commerciante-imprenditore. Scrive Cicerone a tal proposito: «gli uomini non si rendono conto di quale eccezionale rendita sia la parsimonia [...] Accontentarsi di quel che si ha rappresenta la ricchezza più grande e sicura» (Paradoxa Stoicorum 6.3.49, 51). Caso paradigmatico di questo vetus mos, exemplum non solo di parsimonia ma di strenua lotta contro luxuria, spreco e ostentazione, è Catone il Vecchio il quale, pur non essendo pauper, sempre si propose come modello di continenza in una Roma che si stava lasciando sedurre sempre più dai “corrotti” costumi orientali e dall’avidità di ricchezze.
Particolare di pittura parietale raffigurante due fichi e una forma di pane, I secolo a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale
Pater
Pater è un termine chiave della cultura romana, che non esaurisce il suo significato a quello biologico di «colui che genera i figli». A questa prima accezione è infatti direttamente collegata quella sociale, avvertita addirittura come prioritaria nell’immaginario romano: pater è innanzitutto il pater familias, il maschio in vita più anziano della famiglia (patres sono anche gli antenati che lo hanno preceduto) e quello da cui tutti gli altri dipendono, l’unico soggetto giuridicamente attivo (sui iuris) di essa; gli altri (servi, figli, figli dei figli, e moglie) si trovano, soggetti passivi (alieni iuris), sotto la sua potestas. In altre parole egli è l’unico che ha piena «capacità giuridica» (ius agendi), la cui azione e le cui dichiarazioni sono cioè idonee a produrre effetti giuridici. Ciò significa, per esempio, che il pater è l’unico membro della famiglia autorizzato a comparire in tribunale davanti a un giudice (tanto come attore di una causa che come soggetto citato in giudizio) ed è quello chiamato a rispondere, giuridicamente, anche delle azioni dei suoi «sottoposti». Patres sono poi i capi delle casate patrizie (le gentes) riuniti nel senato, ovvero i senatori, i quali, oltre a essere patres sotto il profilo biologico e giuridico-sociale lo sono anche sotto quello politico, in quanto svolgono all’interno dello Stato lo stesso ruolo che il pater svolge all’interno della famiglia.
Ritratto di patrizio romano, I secolo d.C., Roma, Museo Torlonia
Una poesia fatta di pensiero
Immagina di essere il curatore di una mostra e di utilizzare le cinque sale che hai a disposizione per presentare a un pubblico non esperto i caratteri della poesia oraziana. Lo schema digitale che hai a disposizione ha lo stesso funzionamento tecnico di PowerPoint; può quindi contenere testi, immagini, file audio, link a video (se presente il collegamento in rete). Utilizza tutto il materiale che hai a disposizione: le conoscenze acquisite, le letture, gli appro- fondimenti (Filo rosso, Cultura Letteratura Storia), i filmati, gli spaccati di antropologia Uomo Sacro Società, le schede sui generi letterari. Porta i tuoi visitatori attraverso un percorso che va dalla scelta per la poesia alla ricerca della serenità interiore di matrice epicurea.
Sala 1
La scelta della poesia: dopo gli anni dell’impegno politico e della ribellione (gli anni degli Epodi), Orazio decide di dedicarsi alla poesia
Sala 2
Il palcoscenico della vita: la poesia è per Orazio il palcoscenico ideale per rappresentare il mondo che lo circonda
Sala 3
Angulus ridet: la poesia è l’angulus appartato, in cui il poeta può dedicarsi a ciò che veramente ama
Sala 4
Poesia tra natura e cultura: un’opposizione (o forse no) che fa da sfondo alla poesia di Orazio e non solo
Sala 5
Carpe diem: la poesia racconta la difficoltà di uomo di trovare un punto di mezzo tra la felicità di Epicuro e il malessere dell’animo
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