Con Amistad il regista Stephen Spielberg ha portato sullo schermo una vicenda accaduta tra il 1839 e il 1842. Gran parte dei personaggi del film sono realmente esistiti: non solo Cinqué, leader e portavoce degli Africani, ma anche il suo amico Yamba; il giovane avvocato Roger Sherman Baldwin e l’ex presidente John Quincy Adams, al quale si deve la difesa finale davanti alla Corte suprema degli Stati Uniti; persino l’interprete James Covey, grazie al quale i difensori poterono comunicare con Cinqué e i suoi compagni, è un personaggio vero; quest’ultimo, un ex schiavo, fu rintracciato nel porto di New Haven grazie all’aiuto del professor Josiah Willard Gibbs, che insegnò davvero nell’università di Yale; i due spagnoli sopravvissuti Ruiz e Montes furono proprio commercianti di schiavi. Come la maggior parte dei personaggi, anche i fatti principali sono realmente accaduti: il viaggio degli schiavi dalla Sierra Leone agli Stati Uniti avvenne grosso modo come il film lo presenta; l’episodio dell’uccisione di decine di esseri umani per annegamento sulla nave portoghese Tecora, che trasportò il carico dalla Sierra Leone a Cuba, corrisponde a verità; eliminare a questo modo gli schiavi era del resto una pratica abituale per risparmiare i viveri o per sfuggire alle navi che controllavano i mari.
Le condizioni disumane dei viaggi sono descritte in maniera credibile, per quanto in genere la realtà fosse ancora più tremenda; è difficile, infatti, rappresentare in un film situazioni di sofferenza che sono difficili persino da immaginare.
Il processo è stato ricostruito apportando alcune modifiche, ma è vero che ebbe fasi alterne e
che fu oggetto di forti pressioni politiche, sotto gli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale.
Il merito di Amistad, tuttavia, non consiste soltanto nell’aver portato sullo schermo fatti e personaggi storici, ma soprattutto nell’aver dato rilievo a una vicenda significativa, perché rappresentò una tappa importante verso l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti e verso la Guerra di secessione. Non dimentichiamo che una ventina di anni più tardi le tensioni tra il Nord e il Sud del Paese, efficacemente descritte nel film, sarebbero esplose in una devastante guerra civile. Il film mette in luce la consapevolezza che, grazie al caso della nave La Amistad, si diffuse in molti cittadini e penetrò nelle istituzioni riguardo allo schiavismo; nello stesso tempo sottolinea le irriducibili resistenze di tipo economico, sociale, culturale che il Sud degli Stati Uniti oppose ai tentativi di superare lo schiavismo e di realizzare così i principi di libertà e di uguaglianza proclamati nella Costituzione americana.
Oltre a far emergere la crudeltà dello schiavismo, Amistad cerca di mettere in luce i valori su cui si fonda la società americana. Il film vuole dimostrare che si tratta di valori giusti, condivisi e rispettati dai cittadini nel loro insieme. Per fare un esempio, in diverse occasioni il sistema politico degli Stati Uniti viene confrontato con quello della Spagna.
Innanzitutto, viene sottolineato come gli Stati Uniti siano una democrazia il cui presidente è eletto dai cittadini, mentre la Spagna è una monarchia ereditaria governata da una bambina di dieci anni.
In secondo luogo, la Spagna viene presentata come un Paese in cui non esisteva la separazione tra i poteri dello Stato: esecutivo, legislativo, giudiziario. Questo principio fondamentale dello Stato di diritto a quell’epoca si era affermato soltanto nelle nazioni più moderne come l’Inghilterra, la Francia, gli Stati Uniti. Il principio, elaborato da vari pensatori illuministi tra i secoli XVII-XVIII, e in particolare da Montesquieu, prevede che ognuno dei tre poteri svolga le sue funzioni in maniera autonoma e indipendente rispetto agli altri due. Proprio l’indipendenza del potere giudiziario dal potere esecutivo rende possibile la liberazione degli schiavi africani, nonostante la contrarietà del presidente e di altri uomini politici. Se infatti il presidente Van Buren, che rappresenta il potere esecutivo, avesse potuto obbligare i giudici a fare ciò che egli voleva, Cinqué e i suoi compagni sarebbero stati condannati.
Amistad non è certo il primo film storico realizzato dal regista Stephen Spielberg, che spesso dà ai suoi film un chiaro obiettivo morale e ideale. Un esempio su tutti è il film Schindler’s List (1993) che racconta la vicenda di Oskar Schindler, l’uomo che salvò centinaia di Ebrei dallo sterminio nazista. Ma si può ricordare anche Il colore viola (1985) tratto dal romanzo di Alice Walker, dove Spielberg affrontava il tema della povertà e del razzismo negli Stati Uniti attraverso la storia di una famiglia di colore all’inizio del Novecento.
Spielberg è però anche un grande regista e produttore di film avventurosi e di successo, perciò conosce bene ogni «segreto» per rendere i suoi film il più possibile apprezzati dal pubblico.
Alcune modifiche effettuate sulla realtà storica sono dovute proprio al tentativo di renderla più avvincente per gli spettatori. Tra questi cambiamenti va segnalata l’introduzione di personaggi inventati come il giudice Coglin, che porta nel processo una svolta inaspettata e parecchia suspense; la sostituzione del giudice e il verdetto favorevole agli Africani tengono viva l’attenzione dello spettatore.
Più in generale, l’atteggiamento di alcuni personaggi, il loro modo di muoversi e di parlare sono fin troppo naturali e spigliati, risultando in contrasto con il modo di comportarsi di allora.
È evidente che gli attori sono stati invogliati a recitare in questo modo per rendere i loro personaggi più attuali e dunque più graditi.