Il termine “educazione” deriva dal latino educĕre, che significa “trarre fuori”, “far emergere”. La sua etimologia ci suggerisce che educare non significa semplicemente
riempire di nozioni la mente delle persone come se fossero contenitori vuoti, ma piuttosto far emergere le potenzialità già presenti nell’individuo. L’educazione è, quindi,
un processo complesso e profondo.
Contrariamente a quanto sosteneva il filosofo inglese John Locke (1632-1704) con la sua teoria della tabula rasa, la mente umana non nasce come una lavagna vuota sulla quale
scrivere. Gli esseri umani, infatti, possiedono già alla nascita capacità innate, come la predisposizione al linguaggio, l'empatia e un senso di giustizia. A ciò si aggiunge la naturale
inclinazione all'apprendimento sociale, che ci spinge a osservare e imitare i comportamenti altrui. L'educazione, che sia quella familiare, scolastica o sociale, può aiutare a
sviluppare oppure ostacolare lo sviluppo di queste abilità, fornendoci o privandoci degli strumenti utili alla nostra emancipazione, all'integrazione nella società, all'inserimento
nel mondo del lavoro e alla costruzione del nostro futuro.
La riflessione sull'educazione affonda le sue radici nel pensiero di grandi filosofi dell'antichità.
Socrate (469 a.C. circa-399 a.C.) vedeva l'educazione come un processo di scoperta interiore. Attraverso il
metodo maieutico
Metodo dialettico che, stimolando la riflessione autonoma tramite domande e risposte, guida l’interlocutore a far emergere la verità che già possiede dentro di sé.,
egli credeva che il sapere non si trasmettesse,
ma si risvegliasse, come se fosse già presente dentro di noi.
Platone (427 a.C. circa-347 a.C. circa), nel celebre mito della caverna, descrisse l'educazione come la liberazione dall'ignoranza: un cammino arduo e faticoso, ma necessario
per raggiungere la verità e la giustizia.
Aristotele (384 a.C.-322 a.C.), con un approccio più pragmatico, riteneva l'educazione essenziale per formare cittadini virtuosi e raggiungere l'eudaimonia, ovvero la
piena fioritura dell’essere umano.
Molto tempo dopo, il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) sottolineò che è proprio attraverso l'educazione che l'uomo si realizza pienamente: essa è il ponte che connette
la nostra natura con la libertà morale, permettendoci di diventare esseri autonomi e razionali.
La scuola, dunque, non è solo luogo di trasmissione di saperi, ma anche spazio di formazione integrale della persona. Essa contribuisce alla costruzione dell’identità
individuale e collettiva, promuove il pensiero critico, il rispetto delle regole, la capacità di dialogo. In una democrazia, l’educazione è fondamentale: solo i cittadini
consapevoli possono partecipare attivamente alla vita pubblica, difendere i propri diritti e rispettare quelli altrui. L’educazione diventa così presidio contro l’autoritarismo,
antidoto alla manipolazione, strumento di coesione sociale. Un potere che si definisce democratico ha, da parte sua, il dovere di tutelare il diritto all'istruzione, garantendone
l'accesso a tutti i cittadini, senza distinzioni di status sociale, religione o etnia. Inoltre, l’educazione è anche emancipazione. Per chi nasce in contesti svantaggiati, può
rappresentare la via per uscire dalla marginalità, per accedere a nuove opportunità, per costruire un futuro diverso. È un diritto universale, ma anche una responsabilità collettiva.
Investire nell’educazione significa credere nel potenziale umano, nella possibilità di trasformare il mondo attraverso la conoscenza, la consapevolezza e la cura. In definitiva, educare
non è solo insegnare: è accompagnare, liberare, responsabilizzare. È un atto politico e umanistico insieme, che ci riguarda tutti.
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