L’educazione rappresenta uno dei pilastri fondamentali di una società democratica. Tuttavia, in numerose nazioni che si definiscono tali, l’accesso all’istruzione non è ancora garantito in modo
paritario. Le disparità socio-economiche continuano a incidere profondamente sulle possibilità educative, trasformando il diritto allo studio in un privilegio riservato a pochi, anziché in un diritto
universale.
Secondo i
dati Istat,
nel 2024 il 26,7% dei minori italiani è stato classificato a rischio di povertà o esclusione sociale, con picchi del 43,6% nel Sud e nelle Isole. Inoltre, 1,3 milioni di bambini vivono in condizioni
di povertà assoluta, il dato più alto dal 2014. Ciò significa che oltre un quarto dei giovani affronta ostacoli che compromettono l’accesso a un percorso educativo di qualità.
L’espressione
“povertà educativa”,
introdotta in Italia da Save the Children
Organizzazione internazionale indipendente che lotta in difesa dei diritti dei minori, intervenendo in situazioni di emergenza, povertà, esclusione sociale e conflitto, con programmi educativi,
sanitari e di protezione in oltre 100 Paesi.
circa dieci anni fa, descrive la condizione in cui bambini e adolescenti non dispongono delle risorse necessarie per apprendere, sviluppare competenze,
valorizzare le proprie inclinazioni e costruire un futuro dignitoso. Non si tratta solo di carenze nella formazione scolastica, ma anche della mancanza di stimoli culturali, relazionali ed emotivi
che favoriscono lo sviluppo integrale della persona.
A queste disuguaglianze si aggiungono le difficoltà legate al mondo del lavoro, dove la richiesta di titoli sempre più specialistici, spesso a carico delle famiglie, ritarda l’ingresso dei giovani nel
mercato occupazionale. Questo fenomeno compromette la mobilità sociale, cioè la possibilità di migliorare la propria condizione economica e sociale attraverso lo studio. In un sistema meritocratico, talento
e dedizione dovrebbero essere valorizzati indipendentemente dal contesto di origine, ma quando l’istruzione dipende dal reddito, dalla collocazione geografica o dalla presenza di servizi, la meritocrazia rischia
di rimanere un ideale irrealizzato.
Un sistema equo deve inoltre accogliere le diversità culturali, linguistiche, cognitive e fisiche. In questo contesto, il
welfare educativo,
cioè l’insieme di politiche e servizi che supportano gli studenti e le famiglie, gioca un ruolo decisivo. Investire in mense scolastiche, trasporti pubblici, servizi per l’infanzia e per i disabili, impianti
sportivi e biblioteche è fondamentale per promuovere pari opportunità. Le analisi dell’Eurostat evidenziano invece come
l’Italia
figuri tra i Paesi europei con i livelli più bassi di investimento nell’istruzione, collocandosi al terzultimo posto e contribuendo così ad ampliare il divario educativo.
Per invertire questa tendenza, è indispensabile che le istituzioni riconoscano la formazione come diritto imprescindibile e agiscano con politiche concrete per contrastare le disuguaglianze. Educare non significa
soltanto trasmettere conoscenze, ma creare le condizioni affinché ogni individuo possa apprendere, evolvere e realizzarsi. Solo così l’istruzione potrà diventare il motore di una società più giusta, solidale
e consapevole.
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