Dal punto di vista fisiognomico, Giuda non presenta particolari attributi nell’iconografia: abbastanza giovane, può essere raffigurato con o senza barba, capelli mossi, vestito con una semplice tunica. A causa del tradimento e del suicidio, suoi attributi sono il sacchetto con i soldi e il cappio. Ma Giuda è riconoscibile, nell’iconografia, soprattutto per via delle sue azioni, durante l’Ultima cena e nella fase che precede l’arresto di Gesù.
Giotto segue, nell’iconografia, due distinti dettati evangelici: come si vede, Gesù – al centro, con il mantello rosso – e Giuda – di spalle, con il mantello giallo – intingono entrambi, nello stesso momento, dal medesimo piatto. Gesù preannuncia agli apostoli che qualcuno lo tradirà, e tutti si chiedono: «Sono forse io, Signore?»; Gesù risponde: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà» (Matteo 26,22-23).
L’atteggiamento degli altri apostoli presenti rimanda invece al dettato di Giovanni: dopo l’annuncio del tradimento, Pietro – a destra, visto di fronte – fa cenno a Giovanni di informarsi su chi sia quello di cui Gesù parlava e Giovanni – di profilo, chino sul petto di Gesù – domanda: «Signore, chi è?». Gesù risponde: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò» (Giovanni 13,24-26).
Il famoso “bacio di Giuda” è diventata un’espressione proverbiale, a indicare la quintessenza stessa della falsità e del tradimento. Assente in Giovanni, dove Gesù si presenta spontaneamente ai suoi carnefici, l’episodio è presente in tutti e tre i sinottici (Matteo 26,49-50; Marco 14,45-46; Luca 22,47).
In una delle più antiche raffigurazioni della crocifissione compaiono simultaneamente il cappio e il sacchetto del denaro. Ma l’elemento più importante di questa raffigurazione è il fatto che, accanto al Messia crocifisso, emblema del supremo sacrificio, vi sia proprio Giuda, il traditore per eccellenza. La simultaneità temporale dei due avvenimenti è tutt’altro che arbitraria, poiché dal Vangelo di Matteo sappiamo che Giuda si pente “vedendo che Gesù era stato condannato”, corre al tempio per restituire i denari, si scontra con i sacerdoti e alla fine si impicca. Considerando lo svolgimento parallelo delle vicende, è tutt’altro che improbabile che le due morti, diametralmente opposte dal punto di vista simbolico, abbiano avuto luogo in uno strettissimo arco temporale.
Il sacchetto con i denari è un attributo iconografico che serve a identificare inequivocabilmente il personaggio, benché non sia aderente, in senso stretto, al dettato delle Scritture. Gli Atti degli Apostoli, infatti, non parlano di impiccagione e affermano che, con i proventi del suo delitto, Giuda comprò un terreno “e poi, precipitando, si squarciò” (Atti 1,18); quindi, al momento della morte, egli non aveva più con sé il denaro, avendo acquistato il terreno. Il fatto che si tratti di un impiccato, dunque, rimanda senz’altro al Vangelo di Matteo (27,3-5), ove però si afferma che Giuda, prima di impiccarsi, gettò le monete nel Tempio; anche in questo caso, dunque, egli non poteva più averle con sé. La relativa “libertà” dell’iconografia rispetto alle Scritture vale però a connotare fortemente il personaggio dal punto di vista simbolico, tanto che i famosi “trenta denari” sono diventati un’espressione addirittura proverbiale.