Giovanni, nell’iconografia, è raffigurato spesso come il più giovane tra gli apostoli, spesso con una chioma bionda riccioluta. Altrettanto frequente, tuttavia, è la sua rappresentazione da anziano – la tradizione vuole che morì ultracentenario – con una lunga barba bianca.
Raffigurato immediatamente alla sinistra di Gesù, Giovanni alza un braccio e distende la mano come per attirare l’attenzione di Cristo e chiedergli qualcosa.
tempera e olio su due strati di preparazione gessosa stesi su intonaco, Milano, Refettorio di santa Maria delle Grazie.
Leonardo raffigura Giovanni mentre si volta verso Pietro che gli ha fatto un cenno con la mano, perché si informi su chi è quello di cui Gesù ha detto che lo avrebbe tradito.
Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava.Giovanni 13,21-24
Giovanni prende posto nelle rappresentazioni del cenacolo accanto a Gesù, come l’apostolo più giovane, spesso isolato col Maestro o a lui addossato. Il dipinto mette in evidenza la centralità della figura di Giovanni, il discepolo “che Gesù amava”, letteralmente sovrapposto alla figura di Gesù. Giovanissimo, senza barba, Giovanni è adagiato sul petto di Gesù nell’atteggiamento detto, in greco, epistèthios, da epì to stèthos, “sul petto di”: “Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?»” (Giovanni 13,25).
primi XVI sec., tempera su tela, Venezia, Ca’ d’Oro.
Questo tema iconografico, raro in pittura, prefigura in qualche modo quanto avverrà, in termini di ben altra drammaticità, ai piedi della croce, quando Gesù affiderà a Giovanni la tutela della Madonna. L’opera compendia il sentimento speciale che, nel quarto Vangelo, lega Gesù a Giovanni, il quale non viene mai nominato esplicitamente, bensì semplicemente designato come il “discepolo che Gesù amava”.
1481-1482, affresco, Firenze, santa Maria del Carmine, Cappella Brancacci.
Si levò allora il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di gelosia, e, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica. Ma, durante la notte, un angelo del Signore aprì le porte del carcere, li condusse fuori e disse: «Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita».Atti degli Apostoli 5,17-20
Negli Atti viene descritta l’incarcerazione degli “apostoli”, lasciati anonimi con l’eccezione di Pietro. Tuttavia, per tradizione, nell’episodio viene inserito anche Giovanni, inclusione resa verosimile dal fatto che poco prima Pietro e Giovanni fossero stati incarcerati dopo la grande risonanza della guarigione dello storpio da parte di Pietro, presente Giovanni, presso la porta del Tempio di Gerusalemme.
Scrive Jacopo da Varazze nella Legenda aurea:
“Quando gli apostoli dopo la Pentecoste si separarono, [Giovanni] andò in Asia, dove fondò molte chiese. Quando l’imperatore Domiziano venne a conoscenza della sua fama, lo fece venire a Roma e lo fece buttare in un recipiente pieno d’olio bollente, immediatamente davanti alla Porta Latina: ma Giovanni ne uscì illeso, […]. L’imperatore, visto che anche così non desisteva dalla predicazione, lo mandò in esilio nell’isola di Patmos, dove nella completa solitudine scrisse l’Apocalisse”.
L’autore dell’Apocalisse biblica si identifica ripetutamente con il nome di Giovanni (Apocalisse 1,1;1,4;1,9;22,8) e afferma di trovarsi nell’isola di Patmos a causa “della testimonianza di Gesù”, un accenno, cioè, all’esilio cui fu costretto l’apostolo in ragione della sua fede:
Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.Apocalisse 1,9
Il santo interrompe la scrittura e volge lo sguardo alla Vergine con il Bambino, apparsi in un disco solare indicatogli dall’angelo. Una sorta di sinistro insetto con testa umana occhialuta, cerca di impadronirsi del calamaio del santo con un rastrello, vicino a un falco che sembra vigilarlo. Il calmo paesaggio sullo sfondo è in realtà punteggiato da eventi tragici, come il naufragio di una nave in fiamme.
miniatura dal libro d’ore Les Très Riches Heures du duc de Berry, 1411-1416, Chantilly, Musée Condé.
L’iconografia della cupola è basata sulla sovrapposizione di due storie legate alla persona di Giovanni, una narrata da Jacopo da Varazze nella Legenda aurea, l’altra dallo stesso san Giovanni nell’Apocalisse. Secondo la Legenda aurea, all’età di novantotto anni, Giovanni, ultimo apostolo rimasto vivo, venne visitato da Cristo e tutti i suoi discepoli in forma di visione, per prepararlo spiritualmente all’imminente dipartita e invitarlo ad accoglierla con gioia. Nella visione dell’Apocalisse Giovanni assiste invece alla Parusia, la seconda venuta di Gesù nel giorno del Giudizio.
Circondato da un banco di nuvole su cui siedono gli apostoli, Cristo appare sospeso al centro della cupola, avvolto da una luce dorata. Giovanni, ormai ultranovantenne, siede al di sotto dell’intero gruppo, accanto alla sua aquila, sconvolto dalla visione che lo sovrasta.
Dopo la morte di Domiziano, Giovanni può ritornare a Efeso con tutti gli onori dopo l’esilio a Patmos. Appena giunto, come racconta la Legenda aurea, compie uno dei suoi più celebri miracoli, la risurrezione di Drusiana.
Giovanni, che ingiustamente era stato deportato nell’isola, tornò con tutti gli onori a Efeso. La folla si radunò e gli si fece incontro dicendo:
«Benedetto colui che viene nel nome del Signore!»
Mentre entrava in città stavano seppellendo Drusiana, che gli era fedelissima e lo aveva aspettato con ansia. I suoi parenti, le vedove e gli orfani gli andarono incontro e gli dissero:
«Giovanni, santo del Signore, guarda: stiamo seppellendo Drusiana, che seguiva sempre i tuoi insegnamenti e dava da vivere a tutti noi. Lei desiderava tanto vederti tornare, e ci diceva: “Ah, se vedessi l’apostolo di Dio prima di morire!”. Tu sei arrivato, ma lei non ha potuto vederti» .
Allora Giovanni fece deporre il feretro e sciogliere il corpo. Poi disse: «Il mio Signore Gesù Cristo ti risvegli, Drusiana. Alzati e torna a casa a prepararmi qualcosa da mangiare».
Subito Drusiana si alzò e si avviò con la premura di eseguire le disposizioni dell’apostolo, convinta di essersi svegliata dal sonno, non dalla morte.
Sempre secondo la Legenda aurea, il giorno dopo aver risuscitato Drusiana, Giovanni s’impegna in una disputa con il filosofo Cratone. Costui, che intendeva dimostrare come questo mondo sia da disprezzare, aveva indotto due giovani a frantumare davanti a tutti pietre preziose di grandissimo valore. Giovanni aveva obiettato che quel modo di sprezzare il mondo era sbagliato, poiché le ricchezze non andavano distrutte, bensì elargite ai poveri, secondo le parole di Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo» (Matteo 19,21). Sfidato da Cratone, Giovanni prende i frammenti delle pietre e, dopo aver pregato, le ricompone intatte: “I due giovani credettero, vendettero le pietre e distribuirono il ricavato ai poveri”. Si notino in secondo piano, nell’immagine, i due giovani con le coppe piene di gioielli.
Dopo il contrasto con Cratone, Giovanni incomincia una lunga disputa contro le ricchezze, quand’ecco che i famigliari di un giovane da poco deceduto lo implorano di risuscitarlo.
Mentre Giovanni disputava in questo modo contro le ricchezze, stavano portando a seppellire un giovane che si era sposato appena trenta giorni prima. Vennero la vedova, la madre e tutto il corteo, e si gettarono ai piedi dell’apostolo, implorandolo di risuscitarlo in nome di Dio, come aveva fatto con Drusiana. L’apostolo pianse a lungo e pregò: il giovane tornò in vita.
Il racconto della Legenda aurea prosegue narrando della distruzione del tempio di Diana a Efeso. Dopo che con le sue preghiere Giovanni ebbe fatto crollare il tempio, causando molte conversioni al cristianesimo, Aristodemo, sacerdote della dea, lo sfidò e gli promise di convertirsi se Giovanni avesse potuto bere senza danno una coppa con un veleno così forte che due condannati a morte, costretti a berlo per prova, subito morirono. L’apostolo non solo scampò al pericolo facendo il segno della croce, ma risuscitò i due condannati: infine Aristodemo si convertì e fu battezzato. Per questo, nell’iconografia, Giovanni è talora rappresentato con una coppa in mano da cui escono dei serpenti, simbolo del male.