Suo attributo principale è l’aquila; altri sono il calice da cui esce un serpente, la palma, i quattro cavalieri dell’Apocalisse, raffigurati come scheletri a cavallo che rappresentano conquista, guerra, fame e morte. Come evangelista, è rappresentato con il rotolo di pergamena in mano, oppure mentre è intento a scrivere.
Il giovane evangelista è seduto a terra, appoggiato a un basso leggio ricoperto di libri e, con gli occhi rivolti verso il cielo alla ricerca di ispirazione, punta la penna su un rotolo di pergamena che si srotola lungo il suo grembo. Accanto, l’aquila, suo simbolo, si liscia le penne con il becco.
San Giovanni Evangelista è talvolta raffigurato con il solo simbolo dell’aquila, come nel pulpito di sant’Andrea di Giovanni Pisano, realizzato tra il 1298 e il 1301 e conservato nella Pieve di sant’Andrea a Pistoia. Quella qui raffigurata è l’opera originale di Giovanni, sottratta durante la Seconda guerra mondiale e oggi conservata al Metropolitan Museum of Art di New York, mentre nel pulpito di Pistoia è presente una copia.
Giovanni Evangelista è raffigurato, secondo una certa tradizione, come un giovane imberbe. Il calice con il serpente deriva da una fonte apocrifa, che ricorda come il santo, costretto a bere un veleno per non avere sacrificato agli dei, benedisse la coppa dorata, da cui uscirono dei serpenti.
1770 ca., olio su tavola, Miskolc, Ungheria, Museo della Chiesa greco-ortodossa.
La palma è fra gli attributi di Giovanni anche perché egli è il solo a parlarne nel suo Vangelo a proposito dell’entrata di Gesù in Gerusalemme (12,13) e nell’Apocalisse (7,9): in entrambi i casi, si tratta di una prefigurazione della risurrezione. Ma l’immagine della palma si ricollega soprattutto alla tradizione secondo cui un arcangelo recò dal paradiso un ramo di palma alla Madonna come segno della sua morte imminente. Maria lo porse a Giovanni Evangelista che a sua volta lo portò davanti al sepolcro il giorno della sua sepoltura.