La vita, pur insidiata da bruttezza, dolore e male, può ancora essere considerata bella.
Come osserva il filosofo russo Pavel Florenskij (1882-1837), nonostante gli aspetti mostruosi e tristi dell’esistenza, dobbiamo cercare di realizzare l’armonia.
Per esempio, lo scrittore israeliano David Grossman (1954), abituato a vivere in una terra di conflitti in cui la vita è costantemente a rischio, crede nel «potere della bellezza,
capace di proteggerci e di consolarci quando sappiamo coglierla e rimetterci in cammino […] Ho scovato un luogo da cui guardare nell’Aldilà, in cui sentire il nulla e al tempo
stesso la pienezza della vita. Questo luogo è l’arte: la letteratura, la poesia, la musica. Per chi non crede è importante sapere che la vita ha un significato, dato dai valori che creiamo».
L’esperienza della bellezza si lega alla capacità di provare emozioni positive, che la scienza ha dimostrato essere non solo delle reazioni fisiologiche, ma anche dei processi
interiori complessi. Esse aiutano a contrastare sentimenti negativi come la paura e l’ansia.
Il filosofo americano Robert Clewis insiste sul valore terapeutico della bellezza: «non solo migliora il nostro benessere, ma ci aiuta ad andare più d’accordo con gli altri e promuove sentimenti
socializzanti, perché sentiamo “un io più piccolo”».
La bellezza emerge quindi come forza potente che, pur coesistendo con l’oscurità, ci permette di trovare significato nella complessità della condizione umana.
Alfred Sisley, Mattina di giugno a Saint-Mammès, 1884; Tokyo, Artizon Museum.