I SOCIAL NETWORK
I social network sono importanti mezzi di comunicazione che creano
comunità
virtuali, riducendo le barriere fisiche tra le persone. Piattaforme come
WhatsApp, Facebook, Instagram, TikTok, YouTube, pur avendo caratteristiche e
funzionalità leggermente diverse, sono tutti esempi di social network.
Il sociologo Zygmunt Bauman (1925-2017) ha avvertito: «le comunità virtuali [...] creano solo l’illusione di intimità e una finzione di comunità. Non sono validi sostituti del sedersi insieme a un tavolo, guardarsi in faccia, avere una conversazione reale».
Intervista sull’identità, trad. it. di F. Galimberti, Laterza, Roma-Bari 2003
Come nelle comunità reali, anche in quelle virtuali possono sorgere problemi, spesso legati all’uso improprio dei servizi offerti.
Spesso i social network diventano teatro di scontri e liti caratterizzati da violenza comunicativa. L’hate speech (“discorso d’odio”) è frequente, facilitato dall’anonimato.
Gli haters diffondono messaggi d’odio verso personaggi famosi o intere categorie umane, promuovendo l’intolleranza sociale, religiosa ed etnica. Questo comportamento viola le regole accettate dagli utenti di ciascuno di questi servizi al momento dell’iscrizione. Per contrastare questi fenomeni, amministratori e moderatori intervengono seguendo protocolli stabiliti per mantenere un ambiente rispettoso e sicuro.
La necessità di «disarmare la comunicazione» per «purificarla dall’aggressività» sarà il tema della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si terrà nel 2025.
Il pericolo del cyberbullismo
L’uso improprio
dei nuovi mezzi di comunicazione può portare a gravi forme di persecuzione
individuale, come il cyberbullismo. Questo
fenomeno unisce il bullismo tradizionale all’uso delle tecnologie digitali. L’UNICEF
(United Nations Children’s Fund) definisce il cyberbullismo come «l'uso delle nuove tecnologie per minacciare, intimidire, mettere a disagio ed escludere altre persone, spesso percepite come più deboli». I cyberbulli,
agendo da soli o in gruppo, perseguitano le vittime per lunghi periodi, sia con
attacchi diretti sia diffondendo informazioni personali compromettenti sui
social network. Tale comportamento è molto diffuso nelle scuole,
dove gli studenti si scagliano in Rete contro i propri compagni.
La natura pervasiva dei social media estende il raggio d’azione dei bulli oltre
le mura scolastiche, esponendo le vittime a un disagio
costante nel tempo e
nello spazio, senza possibilità di difesa. Ciò può avere conseguenze devastanti
per chi subisce, compromettendo gravemente lo sviluppo dell’identità e la
salute mentale anche nella vita adulta.
APPROFONDISCI
L'associazione Parole O_Stili, nata a Trieste nel 2016, ha l'obiettivo di responsabilizzare ed educare gli utenti della Rete a scegliere forme di comunicazione rispettose e inclusive, promuovendo i valori espressi nel Manifesto della comunicazione non ostile. La loro missione è espressa come segue: «le parole hanno un potere grande: danno forma al pensiero, trasmettono conoscenza, aiutano a cooperare, costruiscono visioni, incantano, guariscono e fanno innamorare. Ma le parole possono anche ferire, offendere, calunniare, ingannare, distruggere, emarginare, negando con questo l’umanità stessa di noi parlanti. Ecco perché dobbiamo usare bene e consapevolmente le parole, sia nel mondo reale sia in Rete».
La comunicazione positiva
In
Italia, la Legge 71/2017 ha affrontato il problema del cyberbullismo da una prospettiva legislativa.
Questa norma, pur mirando a contrastare fermamente un fenomeno che provoca
gravi danni, pone l’accento sulle finalità preventive e rieducative,più che sugli aspetti
punitivi. Al tempo stesso essa indica con chiarezza la responsabilità dei
diversi attori coinvolti:minori, famiglie, istituti scolastici e
servizi sociali.
Parallelamente,
sempre per contrastare le aggressioni in Rete, papa Francesco ha istituito l’International Cyberbullying Observatory (ICO), attivo dal 2019 in collaborazione con le associazioni Scholas (fondazione pontificia che promuove il diritto all’istruzione nel mondo) e Carolina (che prende il nome da una vittima di cyberbullismo, Carolina Picchio).
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