Soffermandoci solamente sulla storia recente, sono numerose le occasioni in cui papa Francesco (1936-2025) si è appellato alla responsabilità di imprese e governi nel
contribuire al bene comune, richiamandoli al dovere di rispettare la dignità umana e preservare l’ambiente, «casa comune» dell’umanità.
La visione della Chiesa cattolica su sostenibilità e giustizia sociale emerge soprattutto nell’enciclica
Laudato si'
(2015), in cui il Pontefice sottolinea l'urgente
necessità di reagire al paradigma tecnocratico, che ha radice nella volontà di potenza dell'uomo, la quale riduce la natura a mero oggetto di sfruttamento in nome del
progresso economico. Egli propone, piuttosto, un’ecologia integrale, che colga la sinergia tra ambiente, economia e società. A tal fine, invoca «il principio della
subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni», sollecitando una rapida riorganizzazione dei paradigmi economici vigenti, per orientarli
all’equa distribuzione delle risorse e alla loro conservazione per le generazioni future.
La Chiesa invita, inoltre, ad agire secondo i valori della condivisione e del
sostegno reciproco, superando la mentalità opportunista e individualista che governa attualmente l’essere umano. Nel Messaggio ai partecipanti all'Assemblea delle Parti
dell'Organizzazione Internazionale di Diritto per lo Sviluppo (2023), il Papa ha messo in luce l'importanza dello stato di diritto per promuovere la pace e lo sviluppo
sostenibile, enfatizzando l’esigenza di trasparenza, partecipazione equa nei processi decisionali e di una giustizia incentrata sulle persone.
La tradizione ortodossa, radicata nella teologia della creazione come quella cattolica e protestante, considera il mondo come manifestazione dell’opera divina che richiede
custodia responsabile,
vedendo nella sostenibilità un dovere morale.
Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I (1940) ha sviluppato questa visione in diversi interventi.
Nella sua lectio magistralis Per una cultura dell'unità nella diversità (2015), egli riconosce l’interconnessione tra crisi ecologica e disparità sociali, concepiti come problemi
derivanti dalla stessa radice spirituale. Questa prospettiva è stata ulteriormente approfondita nel documento
Per la vita del mondo. Verso un éthos sociale della Chiesa ortodossa,
pubblicato nel 2020, in cui egli discute la responsabilità della Chiesa nella lotta contro la povertà e le disuguaglianze, esplora il rapporto tra fede ortodossa e diritti umani e
riflette sulle implicazioni etiche delle innovazioni scientifico-tecnologiche.
Il suo pensiero si estende naturalmente all’ambito della giustizia sociale. L’etica ortodossa evoca, infatti, la dignità di ogni essere umano come immagine di Dio e promuove, quindi,
l'equità nell’accesso a servizi, risorse e opportunità lavorative. L’apertura al dialogo e la partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica sono considerate essenziali per realizzare questi obiettivi.
Secondo l’ortodossia, la responsabilità d'impresa dovrebbe articolarsi secondo i princìpi cristiani dell’onestà, della compassione e della considerazione per le generazioni future.
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Le denominazioni protestanti più diffuse sostengono che la tutela dell'ambiente e della dignità umana costituiscono un imperativo morale: l’essere umano non è
proprietario del Creato, ma suo custode, amministratore delle sue risorse. Allo stesso tempo, le persone dovrebbero prendersi cura le une delle altre: in particolare,
gli abbienti e i privilegiati dovrebbero sostenere i più vulnerabili e svantaggiati. Pertanto, l'etica protestante condanna ogni struttura economica che generi e
perpetui l’ingiustizia sociale e metta in atto pratiche dannose per il Pianeta.
La
Dichiarazione Congiunta
firmata nel 2016 da cattolici e luterani, in occasione della Commemorazione della Riforma (XVI secolo), testimonia l’impegno da parte
delle organizzazioni cristiane globali a lavorare insieme nella promozione della dignità umana e della tutela ambientale.
Nel 2019, Maura Baldinini, membro della Chiesa metodista di Bologna e Modena ed esponente della Commissione Globalizzazione e Ambiente (GLAM), ha discusso
dell’importanza di fondare
eco-comunità
(comunità che vivano secondo i princìpi della sostenibilità) e di mettere in atto un approccio integrato che coniughi
fede, collettività e azione ecologica, per promuovere una visione olistica della sostenibilità.
Successivamente, il redattore Alessandro Esposito ha pubblicato sul quotidiano online “Riforma.it” un
articolo
che offre un resoconto dettagliato della Conferenza
del II Distretto della Chiesa Valdese, focalizzandosi sulla sostenibilità delle Chiese. Questa riflessione ha evidenziato soprattutto la necessità di implementare
pratiche ecologiche nelle attività ecclesiastiche, favorire l’inclusione delle comunità emarginate e rivedere le strutture Circuito e Distretto per migliorarne
l’efficacia.
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Anche l’ebraismo appoggia la visione integrata di sostenibilità, giustizia sociale e responsabilità delle imprese. I testi sacri esortano i fedeli a
custodire il Creato.
Questo principio si esprime in ebraico nel concetto di
Tikkun 'olam
(“riparare il mondo”), il quale si traduce nell’utilizzo etico delle risorse naturali e nell’adozione
di pratiche economiche che rispettino la vita delle persone e degli esseri viventi in generale. Rientrano nella dottrina del Tikkun 'olam, il principio di bal tashchit
(“non distruggere”), che proibisce lo spreco e orienta alla conservazione dell’ambiente, e la nozione di
tzedeq
Da essa origina la tzedakah, ovvero quella forza che parte dal basso (dall'essere umano) e cerca di imitare la giustizia
divina, portando a superare le ingiustizie, a concedere aiuto caritatevole, a ridare dignità a chi ne è stato privato.
(“giustizia”), che richiama al rispetto della dignità umana
e all’equa distribuzione delle risorse. Sono, al contrario, disapprovate la disonestà (ona'ah) e l’oppressione lavorativa (oshek), considerate indici di scarsa integrità
morale e professionale.
La comunità ebraica non si limita a promuovere valori astratti, ma si impegna a contribuire concretamente al miglioramento della qualità di vita delle persone, attraverso
opere di sensibilizzazione dei giovani, attività di volontariato per l’agricoltura sostenibile e il sostegno a bisognosi e rifugiati. Questa dedizione si manifesta anche
mediante la fondazione di numerose organizzazioni volte a proteggere l’ambiente, ridurre la povertà, favorire l’uguaglianza etnica e difendere i diritti umani. Tra queste
si annoverano: The Coalition on the Environment and Jewish Life, fondata nel 1993, Bend the Arc, nata nel 2011, e Adamah Farm Fellowshi, istituita nel 2003 e successivamente
evolutasi attraverso varie collaborazioni.
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Nel pensiero islamico, il concetto di giustizia (adl) occupa un ruolo centrale che influenza profondamente l'approccio alla sostenibilità
ambientale e alla responsabilità sociale.
Secondo la visione coranica, gli esseri umani sono designati come custodi della Terra, incaricati di preservarla per le generazioni future.
Essa ammonisce, pertanto, specificamente contro lo spreco (israf) e il danneggiamento dell'ambiente, incoraggiando, invece, un rapporto equilibrato
con la natura.
La giustizia sociale nell'islam contemporaneo manifesta uno stretto legame con il potere politico. Come sostenuto da Hasan al-Banna (1906-1949),
fondatore della Fratellanza Musulmana, esiste una teologia islamica della
liberazione
che traduce il messaggio religioso in prassi concreta.
Questa considera l'islam come un sistema completo che abbraccia ogni aspetto dell'esistenza, richiedendo ai musulmani di applicare i princìpi
di fede non solo nel culto, ma anche nell'esercizio della cittadinanza.
La shari'a, legge islamica di derivazione divina, costituisce il fondamento normativo per ogni azione, incluse quelle relative alla gestione
delle risorse e all'imprenditorialità. I musulmani sono chiamati a condurre le proprie attività economiche in conformità con questi valori,
bilanciando la legittima ricerca del profitto con la responsabilità verso la comunità e l'ambiente. In quest'ottica, molte comunità musulmane
oggi collaborano attivamente in iniziative interreligiose per costruire società più giuste e sostenibili, basate sui valori condivisi di
democrazia e giustizia sociale.
LEGGI: Jawdat Said, Vie islamiche per la nonviolenza, 2017, Feltrinelli
«Una sfida islamica alla violenza nell’Islam. Said fonda il suo pensiero sull’idea dell’azione pacifica come unico mezzo
per operare la transizione da una società basata sulla coercizione e sulla forza a una società basata sulla giustizia,
sul diritto, sulla pace e sulla dignità umana. “La shari’a di Dio si realizza quando la giustizia si realizza”, afferma
Said, per il quale la via da seguire è quella del ‘figlio buono’ di Adamo, che si è rifiutato di alzare la mano contro
suo fratello. Questa è la via dei profeti, che hanno ripudiato la violenza pur di trasmettere, con la persuasione e
senza coercizione, il messaggio di cambiamento affidato loro da Dio: “Deponete le armi, attendete alla Preghiera e fate
l’Elemosina!”, si legge nel Corano. Una forma di esegesi, quella di Said, che non lascia spazio ad altre letture:
per il Gandhi dei musulmani la nonviolenza è l’unica opzione possibile. Anche papa Francesco nella Evangelii Gaudium
dichiara che “il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza”».
(Dalla quarta di copertina del volume)
L'induismo, attraverso il concetto di
dharma,
L'insieme dei doveri morali e religiosi che riguardano tutto l'ambito umano.
offre una prospettiva unica su ambiente, giustizia sociale e responsabilità d'impresa.
Questa visione si basa su valori come autocontrollo, purezza, veridicità e soprattutto ahimsa (“non-violenza”).
Secondo l'induismo, tutti gli esseri viventi sono sacri, così come lo è ogni elemento della natura. La creazione dell'Universo non è
vista in funzione dell'uomo. Piuttosto, l'uomo stesso ne è parte integrante. Se l'essere umano prende coscienza di ciò, può comprendere
l'importanza dell'ambiente e operare per la sua salvezza. L'attivista indiana Vandana Shiva (1952), impegnandosi nella protezione della
biodiversità agricola, rappresenta un esempio concreto di ambientalismo induista.
La giustizia sociale nell'induismo è espressa principalmente attraverso la non-violenza, principio incarnato da Mohandas Gandhi (1869-1948),
il Mahatma (“la grande anima”), la cui lotta politica (satyagraha) si basava sulla non-collaborazione pacifica con il governo, sul
riconoscimento dei diritti politici di ogni membro della società e sulla tolleranza religiosa.
Anche secondo il buddhismo, la giustizia, radicata nella compassione per la sofferenza esistenziale, rappresenta un elemento centrale della spiritualità.
Questa visione si incarna nella figura del
bodhisattva,
Persona che, pur avendo raggiunto il Nirvana, concluso il ciclo di reincarnazioni, sceglie di rinunciarvi per guidare gli altri a raggiungerlo.
il cui tratto distintivo è la generosità (dana).
L'etica buddhista guida le azioni dell’uomo attraverso
la paramita, il sentiero che conduce “alla riva opposta”, il cammino del bodhisattva, evidenziando la responsabilità individuale di ciascuno.
La dottrina del paticcasamuppada (“originazione interdipendente”) insegna che tutti gli esseri sono interconnessi in una rete di relazioni causa-effetto.
Tale interconnessione implica che la salute dell'ecosistema dipende dalla salute di ogni sua parte. L’approccio buddhista all’ambiente si fonda, quindi,
su tre pilastri: il rispetto per tutti gli esseri viventi, considerati di eguale valore; la semplicità e la moderazione nello stile di vita; il sostentamento
corretto, che né ecceda il fabbisogno né danneggi la natura.
La giustizia sociale emerge dalla pratica di una condotta etica basata sulla saggezza e sulla compassione (sila). In questo contesto, la Soka Gakkai,
l’Istituto Buddhista Italiano, promuove la dignità umana e l'impegno sociale attraverso contributi educativi sulla pace, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile.
Anche la responsabilità imprenditoriale si allinea al concetto di “sostentamento corretto”, unendo l'etica del virya (“energia compassionevole”)
con la consapevolezza dell'impatto delle proprie azioni, guidate dalla prajna (“saggezza libera da preconcetti”).