In un articolo pubblicato sul "Corriere della Sera" nel 2023, l’insegnante e scrittore italiano Alessandro D'Avenia (1977) ha affrontato con grande sensibilità uno dei temi più critici del nostro tempo: l'emergenza educativa contemporanea.
L’emergenza educativa può essere definita come una crisi sistemica che investe l’intero processo di formazione e crescita delle nuove generazioni. Essa rappresenta un complesso insieme di sfide che riguardano non solo l'istruzione scolastica, ma anche il contesto sociale e culturale, privo di modelli saldi e autorevoli da seguire, in cui i giovani si trovano a maturare e a sviluppare la propria identità.
Come efficacemente sintetizzato dallo stesso D'Avenia, «l'emergenza educativa è innanzitutto povertà di appartenenza (qualità delle relazioni)». Questa definizione racchiude l'essenza del problema: la progressiva disgregazione dei legami significativi e la difficoltà di costruire relazioni autentiche e profonde.
«Questa generazione è fragile perché non appartiene, sono ragazzi generati biologicamente e materialmente, ma non esistenzialmente e culturalmente, la loro vita non vale per sé stessa, serve a soddisfare i desideri degli altri: oggetti di aspettative (carriera, prestazioni, risorse umane) e non soggetti di possibilità (destini inediti, doni per il mondo)».

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La società contemporanea bombarda continuamente i giovani con valori tossici che privilegiano l’ansia del successo, la visibilità, l’apparenza, la prevaricazione sull’altro, il possesso, generando insicurezze e un penetrante senso di inadeguatezza che li allontana dall'autentica maturazione personale. Benché malsane, essi tendono comunque a introiettare e a cercare di realizzare tali aspettative, poiché sentono, com’è naturale, l’esigenza di appartenere e funzionare all’interno del contesto in cui vivono.
Da questo sforzo, frutto dell’incapacità, da parte della società adulta, di fornire valori significativi, nasce il disagio adolescenziale attuale, che si manifesta nell’incremento di episodi depressivi e ansiosi e, nei casi più gravi, attraverso atteggiamenti autodistruttivi e persino suicidari.
A complicare ulteriormente la situazione, vi è l’uso pervasivo dei dispositivi digitali e dei social media, che sta modificando radicalmente i processi relazionali e di apprendimento, spesso sostituendo relazioni genuine con connessioni frivole.




I sistemi formativi odierni faticano a rispondere alle complessità del mondo contemporaneo, risultando spesso obsoleti e distanti dalle reali esigenze dei giovani, i quali si sentono disorientati e privi di punti di riferimento stabili. Le famiglie offrono loro modelli educativi fragili, lassisti, contraddittori, predisponendoli al fallimento. Nel suo articolo, D'Avenia parla di una «crisi antropologica», ovvero una trasformazione radicale nella concezione dell'essere umano, che coinvolge i valori più profondi: il rapporto con sé stessi, lo sviluppo dell'identità individuale e del senso di responsabilità, le modalità di relazione con gli altri, la competenza di elaborare uno sguardo critico sul mondo.
Per contrastare questa emergenza, è necessario promuovere nei ragazzi la ricerca del benessere personale, lo sviluppo della consapevolezza emotiva, la capacità di sfruttare le proprie risorse e riconoscere i propri limiti. Occorre che le famiglie offrano ai figli tempo, cultura, presenza, che venga costruita una comunità educante che individui degli obiettivi comuni, ripristinando l’alleanza tra genitori, insegnanti e altre figure educative, guarendo, così, un contesto formativo segnato da antagonismo e sfiducia, deleterio per i giovani.
Se la società fallirà in questo rinnovamento, ricadrà sugli stessi giovani il compito di auto-educarsi alla vita per sfuggire alla paura del fallimento, all’apatia, al senso di inferiorità, e trovare una propria serenità interiore, maturando princìpi migliori, che restituiscano loro dignità, speranza, curiosità, ideali.

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