L’attuale condizione giovanile in Italia rappresenta un quadro sfaccettato, caratterizzato da sfide significative, ma non prive di potenziali opportunità.
I giovani adulti si trovano ad affrontare un mercato del lavoro particolarmente ostile, con tassi di disoccupazione tra i più alti in Europa e condizioni di accesso al mondo professionale estremamente selettive. Le principali criticità sul tema includono contratti precari e assunzioni a breve termine, che impediscono di raggiungere una reale stabilità economica, nonché di qualificarsi, ad esempio, per un mutuo. Le retribuzioni iniziali sono molto basse, spesso non corrispondenti al livello di istruzione, né adeguate al costo della vita. La laurea, un tempo considerata titolo sufficiente per poter lavorare, non basta più. Inoltre, sempre più diffusa è la paradossale richiesta di esperienza professionale per posizioni di primo impiego o per principianti. Questa tendenza, unita all’accanita competizione per i posti di lavoro qualificati, crea un circolo vizioso che favorisce le persone provenienti da famiglie benestanti. Infatti, l'accesso a tali posizioni è spesso subordinato al possesso di un numero sempre maggiore di competenze certificate aggiuntive, la cui acquisizione comporta costi elevati. Tali fenomeni si annoverano tra le cause del ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro per molti giovani, precludendo di fatto l'accesso a determinate carriere a chi proviene da contesti socioeconomici meno favorevoli.

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Un esempio emblematico in Italia è rappresentato dal settore dell'insegnamento. In passato, il diploma era sufficiente per accedere alla docenza nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. Successivamente, è stata stabilita la laurea magistrale come requisito minimo per ottenere la cattedra nelle scuole secondarie di secondo grado. Più recentemente, sono stati introdotti i 24 CFU (Crediti Formativi Universitari) in discipline psico-pedagogiche e metodologie didattiche, necessari per partecipare ai concorsi pubblici per la professione. Infine, nel 2022 è stato imposto l'obbligo di acquisire ulteriori 36 CFU (per un totale di 60 Crediti Formativi) per l'abilitazione. Tutti questi corsi hanno un costo, che grava interamente sui candidati.
Non solo i titoli di studio non sono più sufficienti: gli stessi percorsi scolastici e accademici mostrano diversi limiti strutturali, tra cui ineguaglianza territoriale, disallineamento tra istruzione ed esigenze di mercato, scarsa integrazione tra università e mondo aziendale, insufficiente (se non del tutto assente) investimento sulle competenze digitali e tecnologiche emergenti, nonché vera e propria obsolescenza di alcuni percorsi formativi rispetto alle dinamiche e alle conoscenze attuali.
Negli ultimi tempi, è emerso un ulteriore fattore di rischio riguardante la disponibilità di posti di lavoro, rappresentato dallo sviluppo delle intelligenze artificiali (IA), che già stanno sostituendo i lavoratori, permettendo alle aziende di risparmiare e automatizzare compiti e processi.

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Un fenomeno particolarmente preoccupante è rappresentato dall'emigrazione dei giovani talenti. Diverse migliaia di giovani laureati lasciano l'Italia ogni anno, con un'età media di abbandono che si colloca tra i 18 e i 34 anni, rappresentando una perdita significativa di capitale umano. Le principali motivazioni sono maggiori opportunità di carriera all'estero, retribuzioni più competitive, ambienti lavorativi meritocratici, possibilità di crescita professionale concrete, condizioni di lavoro dignitose. Tuttavia, anche il mercato globale del lavoro è diventato più competitivo. Alcune delle ragioni includono la crescente concorrenza internazionale, le restrizioni all’immigrazione in alcuni Paesi, la necessità di competenze specifiche e specializzate, il costo della vita in forte aumento. La fuga di cervelli continua comunque ad avere un forte impatto negativo sull’economia e sulla società italiana.
A quale costo, però, restare? L’età media per raggiungere l’indipendenza economica si attesta intorno ai 30-35 anni: tra i valori più tardivi in Europa. Ciò comporta una prolungata dipendenza dalle famiglie, con conseguenze sul calo delle nascite e sull'invecchiamento della popolazione, oltre all’impossibilità, per i giovani, di prendersi cura economicamente dei membri più anziani della popolazione, che vengono abbandonati a sé stessi. Sebbene l’aspettativa di vita sia aumentata e l’età pensionabile, di conseguenza, ritardata, è fondamentale considerare anche la qualità della vita durante l'anzianità: come vivremo gli ultimi 20-30 anni della nostra vita? Inoltre, è giusto e funzionale che la disponibilità di posti di lavoro per i giovani sia drasticamente ridotta a causa di persone di 65-70 anni che occupano tali posizioni, nonostante le loro conoscenze siano spesso superate?

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Malgrado il contesto scoraggiante nel quale i giovani si devono muovere, esistono ancora alcuni settori e percorsi con potenzialità che andrebbero meglio sfruttate: l’innovazione tecnologica, l’economia digitale, le professioni legate alla sostenibilità ambientale, il settore della ricerca e dello sviluppo, le competenze informatiche. Per sopravvivere, i giovani adulti devono essere pronti a investire nella formazione continua, essere flessibili e aperti a percorsi non convenzionali, considerare opportunità di lavoro internazionali e sviluppare un network professionale sin dall'inizio del loro percorso formativo. Tali prospettive richiedono resilienza, adattabilità e un approccio proattivo. Nonostante le sfide, esistono spazi di crescita per chi è disposto a mettersi costantemente in gioco.