Tra le difficoltà relazionali che caratterizzano l'adolescenza, il bullismo rimane un fenomeno attuale e diffuso, che ormai travalica i confini scolastici. Esso si configura
come un'azione violenta, fisica o verbale, perpetrata ripetutamente nel tempo da un soggetto (il bullo) che intenzionalmente mira a dominare un'altra persona (la vittima).
Il bullismo può essere classificato in due principali tipologie:
La relazione di bullismo è caratterizzata da una marcata disuguaglianza: differenza di stazza fisica, squilibrio di forza, disparità di potere psicologico.
Tra i ruoli coinvolti si identificano il bullo dominante, i bulli gregari o passivi (piccoli gruppi che sostengono il bullo dominante senza prendere iniziative dirette), le vittime sottomesse, quelle provocatrici (che agiscono e subiscono
contemporaneamente) e gli spettatori (indifferenti, omertosi, difensori della vittima, parteggiatori del bullo).
Le conseguenze del bullismo nel breve e nel lungo termine sono: basso rendimento scolastico, disturbi comportamentali e potenziale evoluzione verso comportamenti antisociali, criminali, nonché ritiro scolastico per i bulli; calo del
rendimento, riluttanza a frequentare la scuola, bassa autostima e possibile insorgenza di psicopatologie per le vittime.
Il fenomeno del bullismo rappresenta dunque una problematica sociale complessa, con implicazioni profonde sul benessere psicologico e relazionale degli adolescenti.
I nuovi mezzi di comunicazione possono rappresentare una preziosa e comoda risorsa. Tuttavia, farne un uso improprio può portare allo sviluppo di gravi “patologie” digitali. Una di queste è il
cyberbullismo
Il termine è stato coniato dall’insegnante canadese Bill Belsey nel 2002 e indica i fenomeni di
bullismo che avvengono tramite strumenti digitali e/o negli ambienti virtuali dei social e
digital media. Si tratta di forme di persecuzione più o meno sottili, ripetute e sistematiche, nei
confronti di persone prese come bersaglio attraverso gli strumenti della Rete.
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una forma di bullismo più invasiva poiché, sfruttando le tecnologie informatiche, è in grado di superare i tradizionali confini spaziotemporali dell’ambiente scolastico, pervadendo qualsiasi luogo e momento di
vita della vittima, proteggendo inoltre con l’anonimato l’aggressore.
L’UNICEF
(United Nations Children’s Fund) definisce il cyberbullismo come «l’uso delle nuove tecnologie per minacciare, intimidire, mettere a disagio ed escludere altre persone, spesso percepite come più deboli».
I cyberbulli, operando singolarmente o in gruppo, perseguitano le vittime per lunghi periodi, sia con attacchi diretti, sia diffondendo informazioni o contenuti personali compromettenti sui social network.
L’utilizzo corretto degli strumenti digitali richiede lo sviluppo di una saggezza virtuale, che si manifesta nella capacità di servirsi di questi mezzi con intelligenza, consapevolezza e responsabilità.
In particolare, ciò implica rispettare gli altri utenti ed essere empatici nei loro confronti, nonostante la distanza fisica: dietro uno schermo vi sono persone reali, con storie di vita e sentimenti.
È inoltre essenziale saper discernere criticamente le informazioni, evitando di credere alle cosiddette fake news, tendenziose e infondate; resistere all’influenza acritica dei modelli mediatici (influencer, cantanti,
VIP veri o presunti…); gestire coscientemente la condivisione della propria vita privata.
Le strategie per arginare il bullismo in ogni sua forma comprendono la prevenzione (educazione al rispetto, sviluppo di competenze etiche digitali), il supporto alle vittime (assistenza psicologica), i percorsi
rieducativi per i bulli (recupero cognitivo e comportamentale, educazione socioemotiva), la peer education (affiancamento di studenti-mentori che promuovono modelli di comportamento positivi) e la collaborazione
interistituzionale (sinergia tra famiglia, scuola e servizi sociali per un approccio sistemico al problema).
In Italia, la
Legge 71/2017
ha affrontato il fenomeno con un approccio innovativo che pone l’accento sulle finalità preventive e rieducative, piuttosto che sugli aspetti punitivi. Al tempo stesso essa indica con
chiarezza la responsabilità dei diversi attori coinvolti: minori, famiglie, istituti scolastici e servizi sociali.
Parallelamente, sempre per contrastare le aggressioni in Rete, papa Francesco ha istituito nel 2019
l’International Cyberbullying Observatory
(ICO), in collaborazione con le associazioni Scholas (fondazione
pontificia che promuove il diritto all’istruzione nel mondo) e Carolina (che prende il nome da una vittima di cyberbullismo, Carolina Picchio).