Come abbiamo detto, l’adolescenza non è semplicemente un periodo di crescita biologica, ma un vero e proprio processo di costruzione identitaria che avviene in un contesto sociale estremamente mutevole e frammentato.
La generazione dei nativi digitali, chiamati “Z”, è la prima ad essere cresciuta immersa, appunto, nel mondo virtuale, e porta con sé una modalità completamente nuova di rapportarsi alla realtà. Internet e social network non sono più solo strumenti, ma veri e propri ambienti di vita e di relazione che ridefiniscono le coordinate entro cui i giovani costruiscono la propria esperienza.
Gli psicoanalisti francesi Miguel Benasayag (1953) e Gérard Schmit hanno introdotto il concetto di "passioni tristi" per descrivere quei sentimenti di impotenza che caratterizzano sempre più spesso l'esperienza adolescenziale contemporanea. L'incertezza sociale, l'assenza di punti di riferimento saldi e la complessità del mondo attuale rendono estremamente difficile il processo di definizione personale.
Lo psicologo tedesco Erik H. Erikson (1902-1994) paragona questo periodo a un salto nel vuoto di un trapezista: un momento sospeso tra la sicurezza dell'infanzia e l'ignoto dell'età adulta. Ma oggi quel salto sembra essere diventato più rischioso, con giovani sempre più spesso lasciati soli nel compiere scelte fondamentali per il proprio futuro e la certezza della precarietà ad attenderli, perciò questo momento viene rimandato, prolungando l’adolescenza.

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Il mondo degli adulti, i quali coltivano l’idea stereotipata che gli adolescenti di oggi siano fragili, pigri e incapaci, demonizzando soprattutto Internet come causa del loro malessere, è a sua volta disorientato.
Come suggerisce lo psicologo Matteo Lancini (1965), forse sono piuttosto le generazioni più anziane a essere impreparate e confuse, e le difficoltà dei giovani altro non sono che lo specchio del fallimento dei modelli educativi che gli adulti hanno offerto loro. La nostra cultura è infatti permeata da scopi disfunzionali: la celebrazione del successo individuale a scapito del bene collettivo, della ricchezza e della popolarità a danno dello sviluppo interiore, la competizione senza regole data dal liberismo sfrenato.
La famiglia e la scuola sono i primi luoghi in cui si impartiscono questi valori, che ritroviamo nei programmi televisivi, nella politica, nel mercato del lavoro: tutto ciò che nella società è governato dagli adulti.
Questi ultimi, da parte loro, non sapendo riconoscere la loro parte di responsabilità, tendono ad attribuire le cause dello smarrimento dei giovani a ciò che, ai loro occhi, costituisce la differenza principale fra il mondo di oggi e quello in cui sono cresciuti loro: la vasta realtà di Internet, dei social e dello sviluppo delle tecnologie digitali.

Nel 2023, sul quotidiano "La Stampa", la giornalista Mirella Serri (1949) ha riportato le riflessioni dello psicoanalista Massimo Ammaniti (1941) sull'impatto della povertà (o emergenza) educativa e dell'uso eccessivo di dispositivi digitali sullo sviluppo emotivo e culturale degli adolescenti. Egli ha evidenziato in particolare come questi fattori conducano a una carenza emotiva e a un impoverimento culturale dei giovani. L'assenza di interazione umana diretta, la sostituzione della comunicazione personale con emoji e WhatsApp, nonché la diffusione del sexting sono elementi che contribuiscono a questa problematica: «l’invio di immagini o messaggi “audaci” tramite computer e telefonini è un’abitudine sempre più diffusa che sostituisce la comunicazione amorosa. In apparenza è solo un modo per divertirsi, per sentirsi più grandi. Mostrare il proprio corpo senza veli, in realtà è però un’ostentazione di quello che manca ai giovani: il linguaggio, la capacità di espressione. […] Non è un caso che oggi proprio quando le relazioni sono assai libere e disinibite lo stupro sia così diffuso. Le carenze di elaborazione culturale le troviamo anche nei gruppi di giovanissimi che si cimentano in manifestazioni razziste contro gli immigrati, i portatori di handicap o nel sessismo ostentato».
L'articolo mette inoltre in risalto la necessità di un maggiore coinvolgimento dei genitori nella vita dei figli, reso oggi difficoltoso dalla cultura del superlavoro e dell’isolamento sociale.
Ammaniti critica altresì l'indifferenza dei giovani verso i problemi politici e sociali, e la mancanza di modelli politici positivi di riferimento, assegnando alla scuola il compito cruciale di trasmettere la passione per la conoscenza.

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Nell’articolo Studenti e docenti uniti nell’ansia (2024), Enrico Manera (1973) ha esaminato l’insorgenza di disagio, ansia e depressione tra studenti e docenti, mettendoli in relazione con l'iperconnessione digitale e altri fattori storico-sociali. Recentemente, la pandemia di COVID-19 ha acuito problemi preesistenti, determinando un aumento della dipendenza digitale. L'uso del cellulare in classe è causa di distrazione e indebolisce l'apprendimento; i docenti lamentano la tendenza a copiare dalla Rete e l'uso dell'intelligenza artificiale (IA) per svolgere i compiti.
Le relazioni online possono rivelarsi problematiche per la comunicazione e la gestione emotiva, e i contenuti digitali mainstream spesso promuovono conformismo, edonismo, narcisismo e sessualizzazione. La scuola, con le sue dinamiche novecentesche, fatica ad adattarsi all'era digitale. L'articolo conclude sottolineando la necessità di un maggiore supporto per studenti e docenti, auspicando un ruolo più incisivo degli educatori professionali e una diversa organizzazione scolastica.

Per realizzare una società sana, su tematiche così delicate e complesse è fondamentale mantenere aperto il dibattito pubblico, coinvolgendo gli stessi giovani nel processo di riflessione. Questi, infatti, non sono solo soggetti da educare perché diventino attivi nella società, ma l’espressione più autentica del tempo presente.
Il rapporto intergenerazionale deve essere ristrutturato per assumere una forma più comprensiva e bidirezionale: gli adulti hanno il compito di trasmettere valori e conoscenze utili alla crescita, ma devono essere anche disposti ad ascoltare e apprendere dai giovani, riconoscendo la loro capacità di interpretare la realtà contemporanea e le loro competenze più dinamiche.

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