L’astensionismo giovanile è un fenomeno preoccupante in molte democrazie occidentali, Italia inclusa. Tra i fattori che lo generano e lo alimentano emerge principalmente la disillusione verso le capacità delle forze politiche di mantenere le promesse elettorali e di rispondere efficacemente alle esigenze della cittadinanza. I giovani, quindi, non si sentono rappresentati né tutelati dalle istituzioni che dovrebbero favorire e salvaguardare la loro crescita.
Ad aggravare l’impressione che i politici siano motivati ad agire esclusivamente a favore dei propri interessi, vi sono corruzione, scandali, dimostrazioni di inaffidabilità e l’apparente incapacità di offrire soluzioni concrete ai problemi più urgenti (disoccupazione, precarietà lavorativa, disparità nell’accesso a sanità e istruzione, degrado sociale…).
I giovani sperimentano, di conseguenza, uno stato di impotenza appresa, ovvero non credono più che il loro voto possa fare realmente la differenza, poiché, indipendentemente dal partito che sale al potere, gli impegni restano disattesi e vengono proposte soluzioni approssimative a difficoltà che incidono gravemente sulla qualità di vita della popolazione. I cittadini sono, inoltre, costantemente esposti a messaggi politici ambigui, disinformativi e spesso polarizzati, che rendono complicato valutare l’attendibilità delle fonti, scoraggiando l’approfondimento critico e la partecipazione civica attiva.
Nonostante ciò, è bene ricordare che rinunciare al proprio diritto di voto equivale a rinunciare a far sentire la propria voce e finire per essere sistematicamente ignorati, subendo passivamente le conseguenze delle decisioni altrui, senza poterle influenzare. Si genera, così, un circolo vizioso in cui la politica si allontana progressivamente dai bisogni reali della popolazione e i cittadini diventano apatici nei confronti della classe dirigente, consolidando la distanza tra rappresentanti e rappresentati.

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