Nel corso della seconda udienza giubilare del sabato (1° febbraio 2025), papa Francesco ha sottolineato il senso e la radice della speranza: «Invece di guardare nel buio del passato,
nel vuoto di un sepolcro, da Maria Maddalena impariamo a voltarci verso la vita. […] Maria guarda dapprima dentro il sepolcro, quindi si volta: il Risorto non è dalla parte della morte,
ma dalla parte della vita. Può essere scambiato per una delle persone che incontriamo ogni giorno. Poi, quando sente pronunciare il proprio nome, il Vangelo dice che di nuovo Maria
si volta. È così che cresce la sua speranza: ora vede il sepolcro, ma non più come prima». Maria cambia dunque prospettiva: è quello che ci suggerisce l’opera di Giotto, un invito a
mutare lo sguardo, a vedere un “dopo” anche nei momenti di maggior sofferenza e dolore. È in questi frangenti che i gesti concreti ma anche le parole acquistano un significato fondamentale,
alleandosi per darci soccorso e conforto.
Ce lo ha rammentato, in tempi recenti, il dramma collettivo della pandemia da Covid-19.
Papa Francesco, in uno storico momento di preghiera avvenuto il 27 marzo 2020, sul sagrato della Basilica di San Pietro, ha pronunciato parole molto significative: «Signore, benedici
il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori, sappiamo che Tu hai cura di noi», esprimendo desiderio di accudimento e speranza di salvezza di fronte alla constatazione della nostra
esposizione al male e della nostra fragilità.
Il Pontefice è tornato più volte sul tema della speranza come strumento per accettare questa condizione umana. Per esempio, nel messaggio inviato ai partecipanti al primo Simposio
internazionale interreligioso sulle cure palliative, sul tema “Verso una narrazione di speranza”, che si è svolto a Toronto, in Canada, nel maggio 2024, ha scritto che «l’incertezza
che spesso viene dalla malattia e dalla morte hanno bisogno della testimonianza della speranza data da coloro che si prendono cura di loro e rimangono al loro fianco». La testimonianza
avviene certamente con atti concreti, ma la vicinanza e la solidarietà con chi soffre si esprimono con le parole che aiutano «i pazienti e i loro cari ad accettare la vulnerabilità,
la fragilità e la finitezza che contraddistinguono la vita umana in questo mondo».