Secondo l'induismo, gli scopi della vita si riassumono nelle quattro fasi della vita (ashrama):
Per l’adulto diventare capofamiglia e magari anche padre è legittimato all’interno del matrimonio,
situazione in cui è considerato lecito anche raggiungere uno dei quattro scopi della vita, il desiderio
erotico (kama).
Gli altri
tre scopi
si identificano con l’artha (il benessere), il dharma (la legge etica) e la moksa
(la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni).
Del kama si parla nel Kama-sutra, un trattato in sanscrito sull’amore e sul comportamento sessuale umano.
Il corpo è lo strumento attraverso cui si esprime la propria forza spirituale, che è anche forza erotica.
L’unione sessuale è un modo per liberare l’energia necessaria a realizzare la bhakti,
la via della devozione.
Il matrimonio (vivaha) è prima di tutto l’unione di due divinità, Vishnu e Lakshmi, che assicurano di stare insieme
per tutta la vita e così donano un fondamento
all’impegno delle coppie di sposi.
Quello di vivaha è un concetto ampio, che si riferisce a diversi tipi di unione: il diritto indù tradizionale distingueva
otto forme di matrimonio e ancora oggi esistono diversi tipi di matrimonio.
I rituali sono attinti dai Veda e condotti da un purhoit, un sacerdote con la semplice funzione di accompagnare la
coppia. Sono gli sposi stessi che, attraverso una serie di passaggi rituali, giungono all’accettazione di diventare
marito e moglie di fronte a un’assemblea riunita.
Il momento che viene considerato tipico e fondamentale è il saptapadi: esso consiste in sette passi da parte degli
sposi davanti al fuoco rituale, recitando formule di buon auspicio e di buoni intenti per l’impegno matrimoniale come:
«Con Dio come nostra guida compiamo: il primo passo per nutrirci l’un l’altro; il secondo per crescere insieme nella forza […]».
LA QUESTIONE DELLA DOTE